Colin Stetson: musiche in un solo uomo

Colin Stetson - foto di Peter Gannushkin
Colin Stetson – foto di Peter Gannushkin

Il canadese d’adozione Colin Stetson arriva giovedì 4 aprile a Torino per l’anteprima di Jazz Is Dead. Ad aprire per lui, tra l’altro, ci sarà Paolo Spaccamonti con il suo set, sempre solista, di chitarra. Mercoledì 3, presso il Magazzino sul Po, Stetson terrà pure una master-class per tutti gli interessati ai suoi strumenti.

Stilare un profilo del sassofonista non è impresa semplice: questo di solito è un buon segno… tra album a suo nome, partecipazioni prestigiose, anche le più diverse tra loro (da Tom Waits a Sarah Neufeld, dagli Arcade Fire a Bon Iver), e musica per film, dimostra di sapersi muovere tra i generi con uno stile ben preciso e gran disinvoltura. Non è un caso che sia tanto cercato da chi suona e che dunque risulti difficile intercettarlo, dato che è sempre in giro a lavorare per altri oppure sta portando a termine le registrazioni dei suoi dischi. Tuttavia siamo riusciti a fargli giusto qualche domanda: volevamo sapere come si approccia al suono, alle collaborazioni, soprattutto volevamo che ci dicesse cosa sarebbe accaduto alla Casa della Musica di Rivoli, alle porte di Torino.

Alcuni anni fa uno di noi ha visto un tuo concerto a Bologna. Aprivi per i Godspeed You! Black Emperor. Con ogni probabilità le persone erano lì per quella band, ma tu hai catturato la loro attenzione. È stato semplice per te? Sei mai stato preoccupato dal pubblico di fronte a te?

Colin Stetson: Ho aperto per tante band, e penso che la sola volta che mi è parsa un po’ una scelta azzardata è stata quella coi National. Era il 2008? Ascoltatori diversi, i loro e i miei, ma alla fine è stata una grande esperienza ed è andato tutto bene. Sento che tu puoi sempre portare il pubblico dalla tua, se non sei davvero troppo lontano.

Come solista hai iniziato nel 2003 con Slow Descent. Poi New History Warfare, quattro anni dopo. Poi hai iniziato ad aumentare la frequenza delle uscite. Sei diventato più sicuro di te stesso negli anni? O le etichette e gli addetti ai lavori hanno cominciato a credere di più in quello che facevi? C’è stato un momento in cui hai sentito che il tuo passo stava cambiando?

No, è solo che ho più tempo per i miei progetti, ora. Impiegavo il grosso delle mie giornate e delle mie nottate lavorando per altre band, suonando tonnellate di show a San Francisco e a New York City, lavorando duramente. Non riesco a controllare quanto mi serve per registrare i miei progetti, salvo che in gioco non ci sia solo il mio, di tempo.

Una delle tue band sta su Relapse: parliamo degli Ex Eye. Due dei tuoi compagni in quest’avventura sono Shahzad Ismaily e Greg Fox. Tutti voi, nel corso della vostra carriera, state passando attraverso tanti generi musicali diversi. È un modo di sopravvivere creativamente o succede spontaneamente per voi?

Ho sempre ascoltato un’enorme varietà di musica, trasversalmente rispetto a generi e spettro sonoro, quindi non mi sembra mai di funzionare in modo strano nel mio approcciarmi a una molteplicità di stili musicali.

A proposito di collaborazioni, nel 2015 abbiamo scritto col cuore una recensione del tuo disco con Sarah Neufeld (e quest’anno sarete di nuovo insieme, anche in tour). Cos’ha fatto partire tutto? Nei video di te e Sarah che suonate insieme dal vivo, lei ti guarda sempre un po’ preoccupata, mentre tu sembri perso nella tua musica. Dice qualcosa della vostra collaborazione?

Sarah e io siamo stati una coppia per più di una decina d’anni, abbiamo suonato assieme per anni negli Arcade Fire e nella Bell Orchestre e nella mia band Sorrow, e tutti e due volevamo vedere come sarebbe stato fondere le nostre due singole “voci” in un disco e realizzare un po’ di musica che derivasse da quest’intuizione. Il risultato è stato uno dei miei dischi preferiti e un punto molto alto della nostra relazione e delle nostre carriere.

Colin Stetson - foto di Peter Gannushkin
Colin Stetson – foto di Peter Gannushkin

Uno di noi ha notato che hai lavorato anche con artisti come Arcade Fire, Bon Iver, Tv On The Radio e Yeasayer. Hai un lato pop ben nascosto?

Ho lavorato con dozzine di band pop-rock, la maggior parte di esse molto note, quindi difficilmente direi che è nascosto…

L’altr’anno abbiamo scritto un articolo su tre soundtrack horror/thriller recenti: “Hereditary” (tua), “Annihilation” (Barrow and Salisbury), “Hagazussa” (Mohammad). Tutti quanti hanno lodato il tuo lavoro, tutti hanno notato che strumenti a fiato e ottoni sono inusuali in un film horror. Noi ci siamo anche resi conto che Ari Aster ha dato ruolo preminente alla tua musica: al cinema si poteva sentirla “fisicamente”… Sei d’accordo? Pensi che Aster ti abbia aiutato ad emergere come forte compositore musiche per film?

Ari è un ottimo regista. Dunque ha saputo dirigere alla grande quando si è arrivati a comporre questo score. Era chiaro e concreto, sufficientemente generale da darmi semplicemente alcuni parametri base entro i quali cominciare a lavorare, e un sacco di libertà di costruire ciò che pensavo questo film necessitasse davvero per muoversi nella direzione giusta e raccontare la sua storia nel modo migliore possibile. Però sì: ogni volta che a noi compositori è offerta la possibilità di essere creativi all’interno di un vero progetto di qualità è come un dono.

Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo show a Torino questo aprile? Hai dei piani?

Anzitutto è un set solista. Quindi, per chiunque conosca la mia musica, i miei dischi e i miei tour, è piuttosto lineare/diretto. Sarò sul palco da solo, con pezzi dei miei album recenti e anche materiale nuovo, e suonerò sassofono basso, sassofono alto e clarinetto contrabbasso.