CHVE, 10910

CHVE è il progetto solista di Colin H. van Eeckhout, frontman della band post-metal Amenra.

Per rappresentare il suo solo project, l’artista belga sceglie di utilizzare un acronimo che, in qualche modo, può essere visto come l’emanazione scritta di una riduzione, una contrazione o, in un certo senso, di una perdita: per l’appunto, qualcosa di completamente diverso da quanto ha fatto prima. Se da un lato emergono brutalità primordiale, potenza e massicci muri sonori, con CHVE il sound si piega a presupposti più introspettivi e intimi, sostenuti dalla voce dell’artista, da un bodhrán irlandese, da una ghironda medievale, e basta.

Anche se l’approccio è totalmente differente, il risultato è altrettanto devastante.

Colin aveva stupito i fan più di un anno fa con l’uscita di RASA, un album composto da un unico pezzo che ci mostrava un approccio più vulnerabile alla musica, nudo, profondo, come a voler creare un contatto ancora più intimo con i suoi ascoltatori. La cosa è sembrata ancora più evidente considerando le numerose date che lo hanno visto in tour in tutta Europa per presentare un lavoro che, col tempo, è cambiato e si è arricchito. La trasformazione del pezzo dallo studio al live è documentata da questo nuovo disco, registrato in un’unica ripresa in un vecchio tram in mezzo alle affollate vie del centro di Gent in un sabato pomeriggio. Del mix s’è occupato Aaron Harris (ISIS, Palms, Deftones, Tool, ecc.), mentre il master è stato affidato a Frederik Dejongh (CHVE, TBHR, Syndrome…) per assicurare un’esperienza di ascolto il più perfetta possibile.

Il risultato è “10910”, un pezzo ambient-drone di 26 minuti, che sembra voler essere un collegamento tra passato e presente, una sorta di lenta litania ancestrale. Lasciando l’intervento della tecnologia al solo processo di registrazione, “10910” potrebbe essere interpretato come un’estensione di antiche musiche popolari. La voce dell’artista diventa un vero proprio strumento, una stratificazione di echi che ricordano i canti medievali e che mettono in risalto l’oralità di questo pezzo, di questa storia che cerca di guardare indietro, trovando nella conservazione di ciò che è antico un legame profondo e vivo. L’utilizzo di strumenti inusuali, scomparsi o evoluti nel tempo, è solo un ulteriore tassello di questa storia. La ghironda diventa quindi il sottofondo drone che si ripete sempre uguale a se stesso, legandosi con la voce e che, a circa metà del brano, si trasforma in qualcosa di ancora più evocativo, cupo. Il bodhrán viene ora utilizzato per creare dei ritmi tribali e minacciosi, mentre la ghironda suona delle note più alte, che sembrano voler avvertire di un pericolo imminente. Il tutto finisce come un avvertimento di una morte della quale però non dobbiamo preoccuparci: dobbiamo solo lasciare che faccia il suo corso e ci avvolga.

Il disco contiene altri due brani che sembrano voler proseguire col racconto tra passato e presente, anche se in un modo più personale, in quanto è chiaro che, a questo punto, van Eeckhout sposta l’attenzione su se stesso e sulla sua famiglia, dedicandoli al legame coi suoi bambini. Il primo è infatti una cover di “Le Petit Chevalier” di Nico. Una versione resa ancora più malinconica e che ripete “Sono il piccolo cavaliere, non posso avere paura, non posso avere paura”, come se Colin volesse dare forza ai suoi figli che diventano poi i veri e propri protagonisti di “Charon”, un brano di oltre 10 minuti che è come una lenta processione, profondamente personale e toccante, durante la quale la voce dell’artista emerge in modo prepotente per la sua capacità di coinvolgere l’ascoltare in un messaggio lento e logorante, sostenuto da un tamburo ritmico che sembra ricordare una marcia inesorabile e funerea. Si dice che il video di accompagnamento di questo brano, nel quale lui e la sua famiglia sono i protagonisti, sia in realtà un messaggio d’addio per i suoi figli.

Il lavoro solista di Colin può essere legato a quello di un altro membro della band, Mathieu Vandekerckhove che, col suo progetto solista Syndrome aveva utilizzato atmosfere più eteree e dilatate per dare la luce a un lavoro più intimista, dedicato al suo ruolo di padre e di figlio.

Se quello di cui avete bisogno è un sottofondo in grado di rapirvi e di lasciarvi straniati, smarriti ma profondamente rilassati e grati, non perdete questi due progetti.