CHEVEL, Always Yours e In A Rush And Mercurial

Un paio di mesi fa abbiamo avuto modo di scrivere di una compilation, pubblicata da Stroboscopic Artefacts, dall’impegnativo sottotitolo “Contemporary Italian Electronic Music”: il disco (una delle cose che è passata maggiormente sul piatto del mio stereo durante questa estate) raccoglie alcuni fra i maggiori talenti italiani di un’elettronica, che potremmo per comodità definire “da ascolto”, i quali hanno per gran parte in comune il fatto di vivere e lavorare in prevalenza fuori dai nostri confini, una sorta quindi di antologia di expat. L’operazione – alle nostre orecchie più che legittima – ha sollevato qualche perplessità: all’italiano, si sa, piace essere tifoso anche quando si tratta di musica e non sono mancate alzate di sopracciglia di fronte al gioco dentro/fuori della bella raccolta pensata da Luca Mortellaro. Sulla compilation c’è anche Chevel, alias Dario Tronchin, trevigiano ma residente da una decina di anni a Berlino, uno che negli anni si è dato parecchio da fare, fra produzioni proprie, l’etichetta Enklav e i set in location di primissimo piano (il 24 agosto sarà sul main stage dell’Atonal, non proprio una cosetta…).

A certificare, semmai ce ne fosse stato bisogno, le capacità di Tronchin e la validità della sua proposta musicale ci avevano già pensato Mumdance e Logos: i due hanno deciso di pubblicare Always Yours come primo lp della loro etichetta Different Circles, attraverso la quale, fino a quel momento, si erano limitati a stampare ep e raccolte tutti incentrati sul concetto di “weightless music”, musica priva di un peso specifico, sfuggente per definizione che, pur affondando le radici nella cultura inglese dei soundsystem, tende verso forme astratte. Le nove tracce di Always Yours finiscono tuttavia per discostarsi spesso e volentieri dalla politica aziendale: Chevel, pur dimostrando una capacità di “farsi leggero” fuori dal comune, manipola gli stilemi consueti della techno, flirta con l’ambient, costruendo però un discorso personalissimo, meno intricato rispetto al resto del catalogo Different Circle, molto spesso seguendo un canovaccio, lo sviluppo di un tema principale, più o meno cinematico, inframmezzato da una parentesi statica. Chevel delinea paesaggi futuribili ma quasi mai distopici, a volte sembra affondare il pennello nelle tinte della musica per sonorizzazioni, evocando sale macchine nel pieno dell’attività produttiva (“The Call”) o creando lo score per documentari marini del secolo che verrà (“Underwater”); l’unica traccia in cui sembra sposare appieno la corporate identity è “Dem Drums”, la più lunga del lotto, quella in cui l’esposizione si fa più frammentata.

Lo scorso 26 luglio Dario ha fatto uscire, questa volta per la sua Enklav, un doppio ep disponibile per il download e su SD card correlata di photo booklet, un compromesso questo fra la musica liquida e l’esigenza di stringere fra le mani il feticcio. In A Rush/Mercurial è frutto di una residenza artistica di quattro giorni all’interno del padiglione francese della Biennale di Venezia del 2017, durante la quale i pezzi sono stati registrati e in seguito rimaneggiati da Chevel. La prima parte risulta più immersiva, caratterizzata da un’opacità di fondo all’interno della quale non è difficile perdersi, la seconda è materia traslucente, anche più vicina alle istanze post-grime di Mumdance e Logos rispetto all’lp uscito per Different Circles. Qui troviamo un’alternanza fra pieni mai troppo pieni e vuoti mai troppo vuoti che sembra delineare la cifra stilistica di Chevel, un tocco distintivo che gli ha procurato le giuste attenzioni anche e soprattutto oltre confine: il silenzio che è tregua, pausa di riflessione a cui viene attribuito il giusto peso, è il tempo per interrompere un’apnea che altrimenti ci trascinerebbe verso lo stordimento e l’annichilimento, le code lunghe dei pezzi che diventano atterraggi, un lento fading emotivo prima ancora che sonoro.