CESARE BASILE, Nivura

Nivura è ancora una volta la dimostrazione che Cesare Basile è musicista che non si dà per scontato, né per vinto. Un anno dopo Saracena ecco Nivura, insieme di brani affidati alle voci di musiciste e interpreti che si calano ognuna in uno scenario vivo, vibrante e continuo, connotato dal loro dialetto d’origine. “Uomini E Diaboli” con Lilith Oberti che parte scardinando “Simpathy For The Devil” in un folk oscuro e paludoso. Sara Ardizzoni sembra estrarre le parole dal fondo buio dei propri polmoni in “Nisun Al Da Una Vos”, confermando il percorso di Cesare Basile come un eterno crocevia, un bacino dove dragare le influenze, le tonalità e gli umori di singole e regioni.

Nivura è un insieme di racconti stranianti e terribile che salta su lingue diverse, con il vento che sbatte sugli oblò di una Nada Malanima che sembra essere al di fuori del nostro mondo, osservatrice cosmica.

Vera di Lecce trasforma la pozza blues in un crogiolo dove soul e beats, anima e battito, si mischiano trovando trasformazioni che come spesso è accaduto negli anni, danno profondità a nuove pelli, in un gioco che è riuscito a Bristol e a Milano (se pensiamo agli anni ’90) e che qui dimostra di non aver perduto un’oncia di fascino. La rapper di Gaza Sarah Elkahlout in “Frustration” poggia la sua voce su di uno spoken word sottile e amniotico, misterioso per l’idioma e difficile da ascoltare senza sentirsi continuamente tirati verso la striscia, verso condizioni che non possiamo immaginare, ma che musica e voce raccontano senza demagogia. Valentina Lupica chiude il viaggio come se fosse un racconto o meglio ancora una fiaba. Materiale ancestrale che nasconde le proprie radici tra ipotesi ed immagini, fra nuovole nere (Nivura in qualche modo racchiude entrambi i termini) ed un mondo che ne è soggetto.

Un disco che apre nuovi sentieri, forse, o che potrebbe limitarsi ad essere un nuovo sguardo su un pianeta in balia di sé stesso. Un disco che in sette brani potrebbe girare per ore e giorni, cambiando luci ed ombre.