CENTINEX, Redeeming Filth

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Immediatamente alle spalle della sacra triade del death metal svedese, rappresentata da Entombed, Dismember e Grave, si erano ritagliati uno spazio significativo anche i Centinex. Una serie di album sottotono, alcuni dei quali autoprodotti, e varie traversie che avevano messo in serio pericolo la stabilità del gruppo (fino allo scioglimento inevitabile), avevano tuttavia impedito alla formazione originaria di Hedemora di assurgere a un ruolo di primo piano, anzi l’avevano relegata nelle retrovie della sua scena.

Il 2014 è l’anno della rinascita, con l’inserimento in pianta stabile di nuovi elementi accanto ai membri originari Martin Schulman e Kennet Englund, rispettivamente al basso e alla batteria. Ritroviamo il gruppo in ottima forma, alle prese con una proposta musicale soffocante e perentoria, priva di orpelli e di linee melodiche troppo marcate. La struttura compositiva delle canzoni non appare molto complessa, con un suono piuttosto ruvido e una successione di linee chitarristiche solo in apparenza minimali, ma che contribuiscono ad esaltare una sezione ritmica martellante e la voce cavernosa di Alexander Högbom. “When Bodies Are Deformed” offre, in poco più di tre minuti e mezzo, una sintesi esauriente delle qualità migliori di Redeeming Filth: accelerazioni furiose, rallentamenti poderosi e tempi sostenuti da riff frenetici ma variegati. Durante l’ascolto, tra canzoni tutte piuttosto omogenee, risaltano per rabbia e violenza la tirata “Death Glance” e la terremotante “Eye Sockets Empty”, che, lontane da estremizzazioni troppo caotiche e inconcludenti, coniugano la brutalità del genere con soluzioni un poco manieristiche, ma che garantiscono all’album un tasso elevato di fruibilità. Un disco all’insegna della coerenza, forse dal gusto retrò, ma che da questo punto di vista fa ben sperare per la tenuta del death metal tradizionale.

Solo per i cultori della vecchia scuola.