CATHERINE LAMB x GHOST ENSEMBLE
La statunitense Catherine Lamb, violista a compositrice di stanza a Berlino, opera una ricerca che spazia dalla microtonalità alla psicoacustica, con particolare interesse per la percezione sensoriale del suono. La sua scrittura segue i dettami della cosiddetta “intonazione pura” (Just Intonation), un sistema di accordatura con cui si ottengono intervalli corrispondenti alla relazione matematica tra le frequenze dei suoni.
Al culmine di una significativa collaborazione con il collettivo cameristico Ghost Ensemble di New York, Lamb getta le basi di ciò che diventerà in seguito Interius/Exterius, una suite articolata in sei movimenti ora pubblicata in vinile e digitale dall’etichetta Greyfade.
Stando alle intenzioni dell’autrice, la metodologia compositiva applicata prevede che i toni si muovano continuamente dall’interno verso l’esterno dello spettro sonoro e viceversa, secondo una logica che privilegia la risonanza e l’oscillazione rispetto alla più consueta modulazione. Allo stesso tempo, il principio sopra enunciato si applica anche all’interconnessione creatasi tra compositrice e orchestra, che ha determinato il modo in cui gli esecutori hanno infine interpretato la partitura.
L’ensemble a otto elementi (due fiati, quattro archi, dulcimer e fisarmonica) ha dunque avuto il compito di dare tangibilità ad una visione compositiva che potrebbe apparire sfuggente e che all’ascolto si presenta come una suite in stabile equilibrio tra rigore e indeterminazione.
L’austera dissonanza dell’incipit del primo movimento ha l’aspetto informe del magma appena espulso dalla Terra e – esattamente come la roccia fusa – anch’esso gradualmente si stempera e si stabilizza, aprendosi a suggestioni impressionistiche e a indefiniti aneliti tonali disegnati dal dulcimer e dall’arpa. Una sensazione di sospensione e di attesa pervade la scrittura di Lamb, accentuata in chiusura dai registri gravi di oboe e fisarmonica.
A seguire, un secondo movimento dai colori decisamente ambientali, un Largo post-moderno dominato dall’ostinato allungarsi a dismisura degli archi che rimangono congelati in una perpetua e costante vibrazione.
La Lamb sembra voler occupare tutti gli spazi della percezione uditiva, negando alle pause il loro valore musicale, giungendo talvolta a risultati vicini al continuum di minimalisti come Phill Niblock pur non rinunciando all’elegia e all’intimismo (III).
La serrata uniformità delle partiture rende le composizioni rigidamente monolitiche anche quando esse risultano assai brevi (IV). Tuttavia, l’atmosfera enigmatica del successivo V allenta la morsa costante degli allunghi introducendo il sesto e ultimo movimento, affidato esclusivamente alle corde pizzicate: una pagina mesta e scarna appena screziata da rade dissonanze.
Nel caso di Interius/Exterius – e in generale del lavoro di Catherine Lamb – si può parlare di ricerca psicoacustica condotta con piglio accademico: l’atmosfera fortemente meditativa consente l’immersione in piani subcoscienti e in questo trapela la contemporaneità della compositrice, che condivide le medesime influenze stilistiche alla base della drone music e dell’ambient di matrice elettroacustica.
Ciononostante, a differenza di molti esponenti dei generi sopra citati, le cui produzioni sono sovente governate dall’alea e dal puro senso estetico, Catherine Lamb si addentra con spirito analitico nelle profondità della teoria musicale per definire, comprendere e infine dominare le misteriose leggi che determinano l’intonazione, le frequenze e le sollecitazioni uditive.