Cartoline dallo spazio: intervista a OoopopoiooO

OoopopoiooO, foto di Lorenzo Burlando
OoopopoiooO, foto di Lorenzo Burlando

OoopopoiooO sono in due (anche se sembrano cento): Valeria Sturba e Vincenzo Vasi. Il loro secondo disco, Elettromagnetismo E Libertà, li conferma come una delle entità più felicemente inafferrabili dello Stivale, e non solo. Occhi e orecchie aperte al cosmo intero, i due polistrumentisti sono geniali e sempre lievi nel mescolare mille riferimenti in pillole avant-pop che nulla perdono in fruibilità e allo stesso tempo in sperimentazione. Musiche sempre vagamente allucinate, come réclame da un Carosello di un mondo distopico e parallelo, dove l’Ispettore Rock, oltre a dimenticarsi la brillantina Linetti, ha scambiato anche le pillole per il mal di testa con qualche ignota sostanza allucinogena brevettata da scienziati pazzi e gentili in un qualche laboratorio nascosto chissà dove. Non si tratta però di psichedelia, in questo caso: il messaggio non è allargate l’area della vostra coscienza, ma fatevi una risata, che c’è sempre un buon motivo per ridere, e l’ironia è la miglior chiave per scardinare questo mondo arcigno. Del resto, come diceva Mark Twain, le rughe dovrebbero semplicemente indicare il posto dove erano i sorrisi.

Elettromagnetismo e libertà suona quasi come un motto da Fascisti su Marte: la vostra musica trabocca d’ironia ed ha anche un retrogusto vagamente esotico. Che ne pensate?

… che è proprio quello che volevamo ottenere!
Sicuramente l’ironia è un elemento fondamentale della nostra musica così come della nostra vita.
Elettromagnetismo e Libertà potrebbe anche essere anche il nome di un movimento rivoluzionario di ispirazione marxista/leninista, viste le origini dello strumento che utilizziamo. A tal proposito abbiamo anche creato la nostra bandiera rossa con le due antenne del theremin incrociate e una piccola saetta. Ma ovviamente c’è anche molto altro, i topi per esempio.

In questo disco il theremin è meno presente che nel lavoro precedente e mi pare che il focus sia più sulla forma canzone, sebbene assolutamente sui generis e sbilenca. Come nascono i vostri pezzi? Quanta scrittura, quanta improvvisazione, quanto ragionamento, quanta follia?

I brani, in particolare quelli scritti a quattro mani, nascono spesso da giochi, scherzi, tormentoni… effettivamente dalla follia; si sviluppano poi durante la registrazione, in cui l’improvvisazione e la composizione vanno di pari passo.

Mi raccontate il vostro percorso di musicisti, come siete arrivati al theremin, quali epifanie e deragliamenti avete avuto?

Vincenzo Vasi: Di epifanie ne sono passate tante… Sono autodidatta e lo rivendico con orgoglio, sin da bambino la musica era il mio gioco preferito: oltre ai soldatini, il pallone, la bici e il baseball, i miei veri giochi erano i tamburelli, le chitarre, i flauti e i pianini giocattolo. Ho cercato di preservare, anzi stimolare e accrescere l’istinto musicale presente nel mio DNA. Sono salito sui primi palchi nel 1980 quando suonavo con gruppi new wave, poi nei Novanta sono entrato negli Ella Guru, gruppo che mi ha cambiato il modo di vedere la musica, da lì sono iniziate una serie di collaborazioni, apparizioni, produzioni infinite.
Nel frattempo, lungo il cammino, mi sono innamorato di diversi strumenti, trasformandomi da chitarrista e flautista a bassista cantante, poi programmatore di tastiere, drum machine e sequencer, poi il vibrafono,  il lo-fi, il theremin, la batteria, i rumori e i giocattoli…

Valeria Sturba: Ho sempre suonato e cantato, sin da bambina. Ho fatto un percorso classico, frequentando il Conservatorio e diplomandomi a 18 anni in violino. Col senno di poi, posso dire che gli anni degli studi sono stati abbastanza sofferti, perché non vivevo la musica in modo libero, era tutto concentrato su saggi, concorsi, esami. Prendevo voti alti, suonavo in orchestra, ma non esprimevo realmente me stessa… Mai avrei pensato di poter comporre, creare, divertirmi con la musica. A dodici anni mi ero innamorata del theremin, mi piacevano la psichedelica e il glam rock, passavo le giornate a guardare video di David Bowie con le sue tutine spaziali, ma era come se fosse un altro pianeta, che non mi apparteneva e mai mi sarebbe appartenuto. Appena maggiorenne sono andata via dal mio paesino e mi si è aperto un mondo… Ho finalmente comprato un theremin, ho iniziato a comporre i miei primi brani, a suonare strumenti non convenzionali come oggetti, giocattoli, tastierine, a sperimentare con gli effetti, con la loop station, con la mia voce. Insomma, negli anni sono riuscita a liberarmi da questo fardello, anche grazie a tutti i musicisti incredibili che ho conosciuto e con cui ho suonato.

Che tipo di ascoltatori siete? Che musiche vi interessano? Mi fate il nome di tre musicisti/band della vita e di altrettanti dischi fondamentali per voi?

Vincenzo Vasi: Ho un passato da onnivoro musicale, che ha toccato tutti i generi possibili fino ad adagiarsi dolcemente sulle colonne sonore. Rimangono comunque inossidabili e spesso girano nel mio giradischi i seguenti dischi (e sono più di tre)…

Frank Zappa: Sleep Dirt; Lumpy Gravy; Uncle Meat; Jazz From Hell.
Franco Battiato: Fetus; Pollution.
The Residents: Meet The Residents; Eskimo; March Of The Mole.
Claudio Lolli: Disoccupate Le Strade Dai Sogni.
Inti Illimani: 1-2-3-4.
Kraftwerk: The Man Machine.
Soft Machine: Third

Valeria Sturba: Ce ne sarebbero centinaia, dalla musica italiana alla sperimentazione più estrema e alle colonne sonore. Ne scelgo qualcuno tra quelli che hanno segnato momenti importanti della mia vita…

Franco Battiato: Fetus.
The Residents: Intermission; Duck Stab.
David Bowie: Ziggy Stardust & The Spiders From Mars
Max Roach: We Insist!
Nino Rota: Il Casanova di Federico Fellini
Morgan: Canzoni Dell’Appartamento
Vakki Plakkula: …Una Barca

OoopopoiooO, foto di Roberto Cavalli
OoopopoiooO, foto di Roberto Cavalli

Se doveste presentare OooopopoiooO ad alieni  (o a dei saccopelisti dello spazio, espressione contenuta in una canzone di Vincenzo Vasi) che non vi hanno mai ascoltato, cosa direste loro?

OKOWA IMBY!!

TATI OOOPOPOIOOO!!

OOOPOPOIOOO BAU QU TATI MUZY WJIO àA# THU

Mondi possibili e impossibili, surrealismo, allucinazioni gentili, lingue inventate, dialetto: la parola assume mille forme diverse nei vostri pezzi. Paura di usare l’italiano in maniera tradizionale (lingua magnifica ma scivolosa) o semplicemente anche le voci e i testi sono materiali sonori con cui giocare?

La seconda. Giocare con le parole, storpiare le lingue è una cosa che facciamo tutti o che facevamo quando eravamo piccoli, un gioco di poco conto, ma che racchiude mille potenzialità espressive; basti pensare alle filastrocche, alle cantilene, alla conta in mille modi differenti… sono ritualità ancestrali che arrivano da molto lontano, come dei mantra, delle preghiere.
Allo stesso tempo è interessante togliere o dare il peso alle parole a piacimento e potrebbe essere anche più di un gioco, e anche pericoloso; possiamo notare tutti su qualsiasi piattaforma social quanto sia sottile la linea di demarcazione tra il vero e il falso e come una parola possa essere intesa o fraintesa.

Se ci sento echi di una specie di età perduta della canzone italiana, debitamente frullata e stirata con un ferro pazzarello, sono completamente fuori strada?

Noi frulliamo ma ancora non stiriamo, effettivamente prima o poi dovremmo usare un ferro da stiro visto che il theremin offre già un’ottima plancia…

Com’è nato il vostro duo?

Musicalmente non abbiamo fatto grandi sforzi, ci siamo semplicemente abbandonati al flusso energetico…
Nella vita di tutti i giorni invece abbiamo faticato, a volte combattuto per affermare questa realtà, gli organizzatori spesso all’inizio non accettavano il nome OoopopoiooO; indubbiamente eravamo una coppia molto strana e alcuni storcevano il naso.

Quali altri progetti avete in piedi?

Vincenzo Vasi: Vasi Comuni Canti è il mio nuovo progetto che ingloba il mio universo musicale e non solo, dagli anni Ottanta a oggi. Iniziato più di dieci anni fa e trasformato pian piano nel tempo in un progetto di canzoni, che si concretizzerà in autunno/inverno in una produzione discografica e attività concertistica, con un quintetto dalle sonorità trasversali, insieme a Giorgio Pacorig (piano Rhodes, synth), Enrico Terragnoli (chitarre), Salvatore Lauriola (basso elettrico) e Gaetano Alfonsi (batteria e campionatore). Perfavore Sing è una sorta di piano bar post-atomico insieme all’ inseparabile Giorgio Pacorig, in cui convivono improvvisazione radicale e canzone pop. Il progetto, nato su commissione di Angelica Festival, ha all’attivo una prima produzione discografica (I Dischi Di Angelica) dal titolo omonimo ed è in produzione un secondo in uscita probabile nel 2020.

No Dance è un duo di improvvisazione radicale, totalmente libero, in compagnia di Luigi Lullo Mosso, cantante, bassista e performer. Il progetto non comprende brani già esistenti, l’intento è di costruirli al momento partendo dal nulla o al massimo da un solo vago concetto, una frase, un’idea. Il duo ha finalmente in produzione un primo disco, dopo anni di attività a singhiozzo.

Braccio Elettrico è il mio progetto di solo theremin, che nel corso degli anni mi ha dato molte soddisfazioni. La sua prima uscita discografica risale al 2010 per Tremoloa Records di Alessandro Asso Stefana. Sto lavorando a una seconda uscita, ma la mia pigrizia mi impedisce di fare previsioni sul quando.

Valeria Sturba: Da circa un anno è nato il mio progetto solista, Sturba, in cui canto e suono le mie canzoni, sempre circondata da tanti strumentini e giocattoli. Sto iniziando a lavorare alle registrazioni del disco, che molto probabilmente vedrà la luce nel 2020. Ultimamente mi esibisco anche in uno spettacolo in cui sonorizzo cortometraggi fantascientifici dei primi del Novecento di un grande maestro del cinema muto, Georges Melies.
Poi un quartetto d’archi elettroacustico chiamato Molossos. Non è un quartetto convenzionale, in quanto non c’è la viola ma siamo due violini (io e Dimitri Sillato), violoncello (Giuseppe Franchellucci) e contrabbasso (Stefano Senni). Mescoliamo contemporanea, jazz, musica antica e improvvisazione, con brani inediti e alcune rivisitazioni che spaziano da Ligeti a Dowland.
Poi c’è Donnacirco, un progetto affascinante che condivido con altre quattordici musiciste di varie estrazioni, da Vittoria Burattini (Massimo Volume) a Sara Ardizzoni alias Dagger Moth (ora nella formazione dal vivo proprio dei Massimo Volume) a Susanna “Suz” La Polla, e che ha come obiettivo quello di riportare alla luce un disco del 1974, Donnacirco per l’appunto, primo disco femminista, stampato ma mai distribuito. Con musiche e testi meravigliosi, rispettivamente di Gianfranca Montedoro e Paola Pallottino.

Una canzone che vorreste aver scritto?

Vincenzo Vasi: “Moon In June” dei Soft Machine.

Valeria Sturba: “Avevo Paura” di Tristan Honsinger.

In Italia quali sono i musicisti che sentite vicini e complici? Aveva ragione Freak Antoni quando diceva che non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti?

Marco Parente, Alessandro Fiori, i Camillas, Daniele Faraotti, Giorgio Pacorig, Edoardo Marraffa, Enrico Gabrielli…
Freak aveva ragione su un sacco di cose: in questa frase c’è della chiaroveggenza, una visione di un futuro che purtroppo è già arrivato. Ovviamente stiamo parlando della situazione politico/sociale in Italia, in Europa e nel mondo.

Cosa vi piace e cosa non vi piace in musica?

Ci piacciono l’energia, la pazzia, l’ironia, la verità, la purezza, la bestia, la libertà di espressione, la poesia, la melodia, il rumore…
Non ci piacciono la mistificazione, la musica per ascensori, sale d’aspetto e centri commerciali, il jazz da ristorante, l’autotune (tranne poche eccezioni), la musica falsa e ipocrita, la musica confezionata come prodotto commerciale e unicamente a scopo di lucro (che purtroppo in questo periodo storico…).

Ci sono fonti di ispirazione extra musicale che vi illuminano il cammino? Io sento tanto Italo Calvino, lo stesso senso di seria leggerezza, nelle vostre canzoni.  Oppure un po’ di fantascienza dell’Est, senza effetti speciali, e poi gli studi di fonologia della Rai, e chissà cos’altro.

C’è sicuramente Calvino, ma ci puoi trovare dentro anche Gadda, Pavese, Dostoevskij, Baldini, Cavazzoni… Poi ci sono  la guerra dei mondi, l’uomo meccanico, Giulietta degli spiriti, Roma, il Casanova di Fellini, il fantastico mondo di Paul, Jan Svankmajer, Karel Zeman, Lo Sconosciuto, il prigioniero, Ufo allarme rosso, la Decima Vittima….

Sono certo che siete musicisti onnivori e curiosi. Mi fate una lista di musicisti necessari secondi voi?

Eyvind Kang, Nino Rota, Ennio Morricone, Frank Zappa, Beatles, Ludwig van Beethoven, David Bowie, W.A. Mozart, Stereolab, Charles Mingus, Tristan Honsinger, Bach, Franco Battiato, Igor Stravinskij, Dimitrij Shostakovich, Duke Ellington, Thelonious Monk, Moondog, Shelley Hirsch…

E poi, sono canzoni, nella maggior parte dei casi, giusto? E allora, quali sono gli ingredienti giusti per una bella canzone?

Cogliere l’attimo, fermarlo e costruirci attorno un castello di luci, suoni e colori.

Mi raccontate delle due cover presenti sul disco? Ricordo anche nei vostri live precedenti a questo lavoro delle versioni fantastiche di pezzi altrui…

Vincenzo Vasi: La prima cover è “La Partida”, storico brano di Victor Jara, poeta e cantautore simbolo della Nueva Canción Chilena e martire dell’altro 11 settembre, quello del 1973: rimase ucciso dopo atroci torture, vittima del golpe militare di Pinochet. Quel brano mi è rimasto in testa sin da quando ero bambino e non mi è mai più uscito; allora perché non approfittare e suonarlo? Così abbiamo lavorato sulla versione storica degli Inti Illimani, abbiamo suonato le parti originali con tastierine, drum machine e una scatola di cartone, poi abbiamo aggiunto una sezione armonica di theremin più due theremin solisti. Ma il vero crossover è stato quando Horacio Duran ha suonato il charango, lì si è chiuso un cerchio.
“Elettromagnetismo E Libertà” è la seconda. Questo brano in un certo qual modo ci è stato donato da Tristan Honsinger, che firma testo e musica. Chi conosce Tristan e il suo senso di libertà capisce cosa intendiamo con “ci è stato donato”.

Un ritmo ipnotico, una tarantella improbabile, un tema che sembra un inno, un testo illuminante… Il resto?

Improvvisazione totale!

Last but not least, da dove viene un nome così bizzarro? C’è qualcos’altro che ci tenete a dire?

Il nome OoopopoiooO arriva, come le cose che più ci piacciono, dalla casualità, da un messaggio inviato per sbaglio.
Per concludere citiamo una frase del nostro brano “Dai Topich”, presa in prestito da Geppetto, papà di Pinocchio: “Non fidarti mai troppo di chi sembra buono!”.