BONGZILLA / TONS, Doom Sessions Vol. 4

Qualche tempo fa vi abbiamo parlato del Vol. 3 delle Doom Sessions della Heavy Psych Sounds, con 16 e Grime a condividere l’uscita. Oggi vi presentiamo il Vol. 4 con i Bongzilla impegnati a confrontarsi con un’altra realtà italiana che al pari dei Grime possiamo definire di casa da queste parti: i Tons. Le cose girano bene sin dalla fortunata coincidenza nell’omonimia di quest’episodio con uno dei dischi più importanti per il genere di riferimento come, appunto, Vol. 4 dei Black Sabbath, un dettaglio che in realtà non sembra per niente casuale visto il suono che si sprigiona dai solchi dello split. Così come appare particolarmente felice la scelta di inserire nei titoli dei tre pezzi a firma Tons la parola “Obesity”: obeso è, infatti, il termine che meglio descrive ciò che la band riesce a sprigionare in quest’uscita in coppia con altri maestri assoluti del suono grasso e corposo, quasi materico nel suo far vibrare le casse e colare da queste come pece. Inutile precisare che qui si parla per sempre di una versione del verbo doom particolarmente fumosa e stonata, melmosa al punto giusto e figlia tanto dei già citati padri putativi Black Sabbath quanto dei successivi Sleep, per tralasciare le paludi della Louisiana che ne impregnano le radici e donano la giusta puzza di marcio al tutto. Ecco, se si dovesse utilizzare un disco uscito in questo periodo per spiegare questo sound particolare a un novizio, questo capitolo delle Doom Sessions apparirebbe come il perfetto contendente, visto che in queste sei composizioni troviamo tutti gli ingredienti e le spezie necessarie per assaporare al meglio la ricetta. Aprono le danze gli americani Bongzilla, pachidermici, malati, guidati da una voce che è un rantolo, con tre brani costruiti intorno a riff rallentati e sempre sul punto di sgretolarsi come macigni in caduta dal dorso di una montagna. Il loro è un grido disperato lasciato rimbombare al rallentatore e che solo di rado ha guizzi accelerati, come se si riprendessero di scatto dalla condizione stonata per un guizzo di lucidità, ma sono appunto brevi frammenti, il resto è lisergico come l’apertura di “Cosmic Distillate, Nectar Collector”, un nome che spiega meglio di mille parole il delirio allucinato in cui l’ascoltatore si troverà immerso prima di precipitare nel già citato fango appiccicoso e maleodorante (il che è un complimento, si badi bene). Da parte loro, i Tons non si direbbero per nulla intimoriti dal confronto con i colleghi esteri, al contrario portano avanti la partita con le tre parti di cui si compone “Chronic Morning Obesity”, una sorta di manifesto programmatico che ha dalla sua l’invidiabile capacità di mutare pelle lungo il tragitto e di contenere al suo interno differenti cambi di prospettiva nel paesaggio che si attraversa. A differenza della loro controparte, i Tons vantano infatti una maggiore varietà nella scrittura e non disdegnano di ampliare la propria visione per offrire all’ascoltatore un menù più eterogeneo e per questo anche più gustoso sulla lunga distanza. Del resto, la band non punta tutto sulla botta di pancia ma preferisce concentrarsi su dettagli e sfumature, pur senza rinnegare mai le proprie radici e il proprio universo di riferimento che resta comunque sempre in linea con la discendenza diretta da quel “casuale” Vol. 4 riportato nel titolo dello split. Il risultato finale è un lavoro che colpisce nel segno e non lascia l’amaro in bocca, soprattutto per gli amanti di questi sapori forti. Poco altro da aggiungere, anche perché è tutto lì a portata di un click sul Bandcamp della label.