BOLOGNA VIOLENTA, Utopie E Piccole Soddisfazioni

Bologna Violenta

Nicola Manzan corre sempre meglio da solo, non ci son storie: quando il polistrumentista si ritrova libero dalle molte collaborazioni e può finalmente esprimersi come meglio crede, riesce sempre a tirare fuori la bestia che ha dentro con risultati che rasentano l’incredibile. Perché qui non si vede solo quella tecnica mostruosa che ne ha fatto uno dei musicisti più richiesti e che lo ha portato a solcare i palchi con alcuni tra i nomi di punta del panorama nazionale, ma si avverte tutta la passione, si respira l’odore di sangue e si annusa persino un po’ di sana merda, così da ricreare un mondo che dopo essere stato nuovissimo ora si dimostra prodigo di piccole soddisfazioni, sempre che avere come guest un peso massimo del calibro di J. Randall (Agoraphobic Nosebleed) possa definirsi una piccola soddisfazione. Ciò che più conta è, però, la svolta sonora compiuta, quel prepotente insinuarsi della preparazione classica e della vena melodica che rende il nuovo album ancora più a fuoco e letale dei precedenti lavori. Non che Bologna Violenta sia divenuto improvvisamente un docile agnellino intento a leccare l’ascoltatore anziché straziarne le carni, piuttosto si percepisce una maggiore attenzione all’impatto corale dei brani, una pulsione a cercare costruzioni di più ampio respiro con un metodo che ricorda quanto predicato eoni fa da Zorn sulla possibilità di condensare intere partiture nel volgere di poche battute, piccoli cammei compiuti e non solo sciabolate sulla pelle. Manzan è riuscito nel non facile compito di frullare tutte le sue innumerevoli sfaccettature stilistiche e le sue capacità in un disco che afferma a caratteri cubitali lo spessore del compositore oltre a quello del musicista. Perché, vale la pena sottolinearlo, Utopie E Piccole Soddisfazioni colpisce nel segno proprio per la capacità di accostare, sovrapporre e miscelare differenti approcci compositivi e metodi di scrittura, riuniti per dar vita ad un affresco di emozioni e umori, vittorie e sconfitte, illusioni e sogni mai domi, proprio come il titolo lascia ben intuire. Se mai ci fossero stati dubbi, “Finale Con Rassegnazione” getta la maschera e svela in tutta la sua forza immaginifica quanto finora affermato, così da chiudere in maniera entusiasmante un piccolo grande gioiello di musica transgender nel più completo senso del termine.