BODY SCULPTURES, A Body Turns To Eden

BODY SCULPTURES, A Body Turns To Eden

Più che di un supergruppo possiamo parlare di Body Sculptures come di un All-Star Game dell’elettronica più interessante e variegata delle terre scandinave, in cui i diversi approcci e background concorrono alla creazione di un gioco affascinante e insolito. Punto di partenza della formazione tirata su dallo svedese Johnas Rӧnnberg (Varg, fondatore di Northern Electronics, nonché metà dei D.Å.R.F.D.H.S.) è stata la discussa, e a quanto pare sensazionale, esibizione all’Atonal dello scorso anno, culminata nello strangolamento simulato della povera Frederikke “Puce Mary” Hoffmeier con il cavo del microfono per mano di Loke Rahbek, altresì noto per il progetto Croatian Amor, oltre che parte di Damien Dubrovnik, Lust For Youth e Vår. Mancano nella foto di gruppo Vit Fana, altro nome che fa la spola fra Northern Electronics e Posh Isolation, e il compositore svedese Erik Enockson: quest’ultimo definisce Body Sculptures come un’entità fluida che ha preso forma durante le sessioni di registrazione attraverso le incursioni degli interessati nei reciproci campi d’azione.

La somma di tutti i contributi risulta improntata a misura e sobrietà, più di quanto uno sarebbe portato a credere sulla base degli elementi coinvolti, un lavoro più apollineo che dionisiaco, che cerca di trovare un senso nuovo al tanto abusato termine “bellezza”: le tracce oscillano tutte fra un dark ambient mormorato e un industrial dall’incedere solenne, con incursioni nel noise attentamente soppesate e fatte di soffi venefici, rumorini striduli e quanto necessario a non sbarrare la strada a cotanta sontuosità. Qua e là fa capolino la voce della Hoffmeier, ma priva di quella vitalità disperata che possiamo ascoltare sui dischi di Puce Mary, il suo è piuttosto un declamare, quasi annoiato, accompagnato da ritmiche mai banali, mai sopra le righe. A Body Turns To Eden è un disco che colpisce già dal primo incontro ma con la frequentazione ripetuta disvela tutto il suo fascino. Fra i momenti più alti del disco sottolineerei la title-track, struggente, “On The Flowers Face”, in pratica la “Warszawa” di Bowie aggiornata e traslocata qualche centinaio di chilometri più a Settentrione, “Turning Field”, un ipotetico manifesto euronoise e la traccia di chiusura, malinconica evocazione di scenari esotici (visti sempre attraverso la lente nordeuropea), raffinatezze insolite e piaceri proibiti (scommetterei che il riferimento a Yves Saint Laurent è roba di Varg, già visto in una sua uscita dello scorso anno).

Il disco è uscito all’inizio di questo mese per Posh Isolation, etichetta dello stesso Loke Rahbek dedita a sonorità che spaziano dall’industrial al noise, condite con un’estetica che più nordica non si può.

Tracklist

A1. Breath Of Wind Sows The Seed
A2. A Body Turns To Eden
A3. Feet Into Soil
A4. On The Flowers Face
B1. The Pyre
B2. Turning Field
B3. Turning Field Il Sunflower
B4. Scorched Earth
B5. A Collection Of Ceramic Vases (Yves Saint Laurent Buried In The Garden Of His Marrakesh Home)