BOB GLUCK, Miles Davis, il Quintetto Perduto e altre rivoluzioni

L’aspetto più intrigante del saggio di Bob Gluck, da poco tradotto e pubblicato da Quodlibet nella collana Chorus, va ricercato nelle “altre rivoluzioni” a cui si accenna in maniera sibillina nel finale del titolo. Perché se il Davis che si fa homo electricus è avvenimento fondante della musica del Novecento, quanto gli gravita intorno nello stesso periodo, ormai colpevolmente caduto nell’oblio, lo è altrettanto. Obbligato ad avviare il racconto a partire dal prima e dal dopo Bitches Brew, nonché dai live del trombettista compresi tra il 1968 e il 1970, Gluck al terzo capitolo è già sulle tracce di Anthony Braxton e Leroy Jenkins, figure di spicco dell’avanguardia jazzistica e rispettivamente animatori di due significative e inusuali formazioni, Circle e Revolutionary Ensemble (non a caso il titolo originale del libro è The Miles Davis Lost Quintet and Other Revolutionary Ensembles). Nei Circle, oltre a Braxton e Barry Altschul, non passa inosservata la presenza di due davisiani doc, Chick Corea e Dave Holland, che con Jack DeJohnette e Wayne Shorter costituirono appunto il celebre Quintetto Perduto di Davis, mai entrato in studio di registrazione e però in qualche maniera documentato da incisioni live non ufficiali (Live In Rome & Copenhagen 1969) oppure rendicontato dalla Columbia in forma di sestetto e settetto, con Steve Grossman al posto Shorter e l’aggiunta di Keith Jarrett e Airto Moreira (Black Beauty: Miles Davis At Fillmore West e Miles Davis at Fillmore: Live at the Fillmore East).

Il caso del sovente vituperato Corea, capace di scollinare nel volgere di due soli anni dalla militanza davisiana ai Circle e poi ai Return To Forever, esemplifica come le esperienze musicali dell’epoca consistessero in una straordinaria rete di connessioni creative, promossa da strumentisti che agivano al di fuori delle consuetudini nell’intento di giungere a nuove e sorprendenti sonorità. In tal senso la produzione del Revolutionary Ensemble di Jenkins, Sirone (Norris Jones) e Jerome Cooper è estremamente significativa e rivela le dinamiche di un trio privo di leader dove le interazioni fra i membri sono il principale collante. Una prospettiva di certo fragile ma in grado di generare musiche di rara intensità e bellezza come testimoniano i loro dischi dei Settanta, in particolare Vietnam 1 & 2, Manhattan Cycles e The People’s Republic. Il quadro degli eventi descritto da Gluck è dettagliatissimo e costituito sia di informazioni di prima mano sia dal vaglio accurato dell’esteso apparato bibliografico. Un’opera di riferimento, vergata con sufficiente chiarezza e indubbio spirito critico, d’interesse tanto per il neofita quanto per chi in quegli anni ha avuto il piacere e la fortuna di ascoltare in diretta le voci di una stagione musicale unica e non più replicabile.

Bob Gluck
Miles Davis, il Quintetto Perduto e altre rivoluzioni
Chorus
Musica, Biografie
ISBN 9788822904591
2020, pp. 336
150×230 mm, brossura con bandelle, illustrazioni bn

Prefazione all’edizione italiana, di Claudio Sessa

Miles Davis, il Quintetto Perduto e altre rivoluzioni

Prefazione
Introduzione
1. Miles diventa elettrico
2. «Bitches Brew», in studio e in tour
3. Anthony Braxton. Leroy Jenkins, Musica Elettronica Viva e il concerto alla «Peace Church»
4. Interludio. Segnali musicali da Chelsea
5. Il 1970 sempre più elettronico di Miles Davis; e una riflessione sui suoi gruppi fra il 1971 e il 1975
6. Circle
7. Il Revolutionary Ensemble
8. I figli di Ornette Coleman. Confronti e contrasti dentro e fuori l’economia del jazz

Appendici
Cronologia
Un riesame di Miles Davis at Fillmore: Live at the Fillmore East (1970) alla luce di Miles at the Fillmore (2014)
Come i Circle eseguivano i brani scritti dai membri del gruppo

Note

Bibliografia
Discografia
Indice dei nomi