BLOODYMINDED, Mark Solotroff

Solotroff e Schoolwerth

Mark Solotroff (fondatore dell’etichetta Bloodlust!, ieri negli Intrinsic Action, oggi attivo anche con Anatomy Of Habit e The Fortieth Day) volerà dalla sua Chicago a Roma per prestare la sua voce a Bernocchi e Bandera, in occasione della rinascita dei The Sodality durante il festival Destination Morgue. Non è solo per questo suo legame speciale con l’Italia che l’ho intervistato. Sin dalle prime righe sarà possibile capire come quest’uomo sia testimone di un pezzo di storia che è anche un po’ la stessa di quei suoni senza i quali non possiamo stare.

Hai molti progetti musicali, suoni dal vivo, sei parecchio attivo. E hai iniziato trent’anni fa. Ti ammiro, perché operi costantemente nell’underground, e senza esitazioni. Cosa ti rende così forte? Cosa ti dà energia?

Mark Solotroff: Grazie! Non riesco a immaginare una vita in cui io non creo musica, indipendentemente dal fatto che sia vicina all’industrial culture, come coi Bloodyminded, o al regno metal o post-punk, come succede con la mia band Anatomy Of Habit. Detto questo, non è sempre facile continuare a fare quello che faccio e in canali così sotterranei, a volte diventa davvero faticoso. Il bisogno di creare rimane molto forte dentro di me e amo troppo i live per smettere.

Sei statunitense, ma hai costruito un ponte tra due continenti… e non c’era internet quella volta. Potresti, per favore, raccontare ai lettori italiani qualcosa riguardo i tuoi contatti coi nostri pionieri industrial e dirci in che modo loro ti hanno influenzato?

Iniziai ad ascoltare industrial, experimental, noise (o come lo vuoi definire tu) verso la fine delle superiori. Poi, mentre andavo al college, sono diventato amico di Peter Sotos. Dopo aver dato il via a Intrinsic Action (la prima band di Mark, ndr) e aver registrato la nostra prima cassetta, Pete mi diede una lista di persone da contattare in vari paesi europei e in Giappone. E, sì, quella volta si scrivevano lettere, molti anni prima che si potesse avere un’email. Cominciai a scrivermi con Andrea Cernotto dei Sodality, prima di ordinare Mauthausen Orchestra ed altre cassette dal catalogo della sua Aquilifer Sodality. Pochi anni dopo, passando un’estate a Venezia, andai a Milano a incontrare Andrea, ma anche Paolo Bandera dei Sigillum S (più tardi diventato anche Sshe Retina Stimulants). Tutto questo mise in moto qualcosa: tanti grandi amici dalle parti di Milano e – soprattutto per merito degli sforzi e del supporto di Paolo – io che pubblicavo tanti grandi artisti italiani, iniziando con Sigillum S, continuando con Iugula-Thor, Sshe Retina Stimulants, The Sodality, Mauthausen Orchestra, Atrax Morgue, Dead Body Love, Murder Corporation. Oggi, quasi trent’anni dopo: Paolo ha appena lasciato Chicago una settimana fa dopo una bella visita, e io a breve sarò a Roma a suonare con i Sodality in occasione del Destination Morgue festival.

M.B. e Mauthausen Orchestra sono stati i primissimi artisti “power electronics” che ho ascoltato, assieme a Whitehouse, Consumer Electronics, Sutcliffe Jugend e Ramleh, e per qualche motivo qualcosa della scuola italiana mi ha fatto scattare un interruttore, tenendo comunque presente che tutti questi artisti e questi gruppi rappresentano un’ampia gamma di stili. Amo molto l’Italia e ho grandi amici da voi, per questo sono tornato varie volte.

Reyes

I Bloodyminded sono Xavier Laradji, James Moy, Isidro Reyes, Pieter Schoolwerth e tu. Non è insolito vedere progetti collettivi nel tuo genere, ma abbiamo anche tante, tante (e tante) one man band. Come lavorate su di una singola traccia? Ciascuno aggiunge i suoi suoni? Qualcuno guida il processo creativo?

I Bloodyminded sono band composta da grandi amici che tra le altre cose sono davvero contenti di lavorare a un progetto comune. In qualche disco e in qualche show siamo stati così fortunati da essere tutti insieme. Siccome però siamo sparsi per varie città statunitensi (con Xavier in Francia), stare nella stessa band può essere una sfida. A volte Xavier manda registrazioni dal suo Paese, a volte Pieter non può venire a Chicago a causa dei suoi impegni nel mondo dell’arte e quindi dobbiamo trovare modi di aggirare queste difficoltà. A volte incorporiamo field recordings che abbiamo raccolto insieme, altre maneggiamo materiale live, altre ancora condividiamo dei file. Direi che all’inizio controllavo e guidavo io il processo creativo, ma adesso c’è molta più reale collaborazione: questa è una delle cose che apprezzo di più di Within The Walls, il nostro nuovo album.

In Within The Walls hai registrato con Sanford Parker. Ho ascoltato parte dei suoi lavori sia come musicista sia come produttore. Mi sembra troppo pulito e troppo razionale per una band viscerale come la vostra. Ma questa è solo la mia opinione. È da te che vorrei sapere cosa vi ha convinto a collaborare con lui.

Conosco Sandford da tempo e apprezzo molto il suo stile di produzione. Negli ultimi due anni abbiamo collaborato anche nel gruppo Wrekmeister Harmonies. È quando stava nella heavy doom band Buried At Sea che ho cominciato a interessarmi al suo lavoro, che allora decisamente non avrei considerato “pulito”. Ho molti dischi fatti da lui e penso che sia molto bravo nel bilanciare suoni dark, densi e pesanti con una produzione chiara che aiuta i musicisti a far arrivare all’ascoltatore tutto quello che vogliono. Mi aveva chiesto di registrare i Bloodyminded qualche anno fa e alla fine il momento è arrivato. Posso dire che si è trattato di un’esperienza facile e divertente. È grandioso lavorare con Sanford e sono tornato in studio da lui per il nuovo disco degli Anatomy Of Habit.

Solotroff e Laradji

Iniziate il nuovo album con una traccia ambient. È molto buona e l’avete creata con l’aiuto di David Reed (Luasa Raelon). Rende quest’album più profondo, mi prepara a quello che c’è dopo spegnendo la luce, per così dire. Perché ha come titolo “All The Cities Are Occupied”?

David è parte della famiglia allargata dei Bloodyminded e ha suonato il synth dal vivo con noi molte volte. Siamo stati assieme in tour e abbiamo collaborato in un trio di sintetizzatori, Nightmares, con with Jonathan Canady (Angel Of Decay, Deathpile). È fantastico averlo su quest’album. Il titolo “All The Cities Are Occupied” è arrivato dopo una specie di intesa insonne tra noi Bloodyminded ed è stato ispirato inizialmente da ADN’ Ckrystall, un artista “minimal synth” poco conosciuto.

Abbiamo anche cinque tracce cortissime (Token number…). Non le considero come un intermezzo, mi sembrano piuttosto la vostra versione del grindcore. Perché le avete infilate tra gli altri pezzi?

Sono proprio come la nostra versione del grindcore, ti ringrazio per l’osservazione. Non mi interessa se vengono considerate come delle “pause”, dato che creano contrasto nella nostra musica, ma noi le consideriamo canzoni a tutto tondo. Ho cominciato a giocare con questo tipo di “canzone blast” quando la mia vecchia band, gli Intrinsic Action, si stava per sciogliere. Poi, sin dall’inizio coi Bloodyminded, abbiamo incorporato nei nostri live show e nelle nostre registrazioni dell tracce brevi, taglienti. Abbiamo suonato con tante band punk e grindcore e io sento che quell’estetica è stata un’influenza su di noi tanto quanto quella noise/electronics. Il titolo “token” è un riferimento alla band collaterale che io e Isidro abbiamo fatto nascere (The Fortieth Day), a questo nuovo album possiede una profonda connessione ai temi sui quali io e Isidro abbiamo lavorato per alcuni anni.

Ho Territories dei Locrian: ricordo perfettamente la tua performance in “Inverted Ruins”. Non è facile ricordare una voce nella musica estrema. Perché avete deciso di pubblicare la vostra versione di “Inverted Ruins” in Within The Walls?

Io e Isidro stavamo già scrivendo Within The Walls quando ho collaborato coi Locrian sul loro album Territories e ho sentito un forte legame tra quello che noi stavamo realizzando e le parole che Terence Hannum (Locrian, ndr) aveva scritto per quel pezzo. Ho voluto concludere questo disco con una canzone che cambiasse il mood, qualcosa che facesse calare il sipario con uno stacco rispetto ai pezzi più aggressivi. “Inverted Ruins” mi è sembrata la scelta ideale.

Perché avete testi in inglese e spagnolo? Dal mio punto di vista europeo sembra un modo di riconoscere quanti americani siano “hispanohablantes”, oltre che un sistema per comunicare con tutti, dato che la parte in spagnolo è molto, molto simile a quella in inglese (tanto che mi aiuta a capirne meglio i significati) …

I Bloodyminded sono una band multilingue, Xavier è francese e Isidro è nato in Messico ed è madrelingua spagnolo. Abbiamo usato questo approccio per la prima volta in Gift Givers (album del 2005, ndr) e da allora io e Isidro abbiamo collaborato pienamente ai testi, sentivamo che era la cosa migliore. Mi piace come le nostre voci contrastano – io James (Moy, ndr) e Isidro abbiamo estensioni diverse – e come linguaggi differenti creino ulteriore attrito. Uno che vive a Chicago sente molto spagnolo, e ho iniziato a incorporare elementi di questa cultura nella mia musica sin dai tempi degli Intrinsic Action, includendo pezzi di flamenco nei nostri primi live show: ero attratto dall’arroganza, dal romanzesco e dall’oscurità di quel genere musicale. Nonostante io sia uno che impara lentamente, lo spagnolo è una grossa parte della mia vita, in parte per la mia lunga amicizia con Isidro e la sua famiglia, e ora di sicuro perché mia moglie è messicana.

Moy

Ho visto filmati dei vostri concerti. Ho notato che spesso non ci sono barriere tra voi e il pubblico. È normale se sei un progetto power electronics/industrial/noise. Ed è normale anche se fai hardcore, però nel primo caso non mi sento al sicuro. Sei a tuo agio in queste situazioni? Hai mai avuto paura?

Sì, suonare on the floor è stato negli anni una grossa fetta dell’esperienza Bloodyminded. Probabilmente metà dei nostri show sono stati fatti con l’audience, piuttosto che su di un palco. I due tipi di performance sono radicalmente differenti. Quando suoniamo per terra, durante concerti con fan entusiasti che conoscono tutte le nostre parole, c’è un’energia che semplicemente non si può eguagliare. Penso invece che dobbiamo lavorare più duramente quando siamo on stage, proprio per via della distanza. Detto questo, senza palco tutto è molto imprevedibile e mi sono rotto parecchie ossa, visto che questi concerti possono essere molto fisici e violenti, anche se, allo stesso tempo, possono essere divertenti e gioiosi sia per la band sia per l’audience. Credo che sia raro vedere così tanta gente entusiasta sorridere a concerti noise o dark industrial, e questa è una delle ragioni per cui amo suonare dal vivo coi Bloodyminded. Sì, ogni tanto, quando stiamo per iniziare lo spettacolo, mi giro verso il pubblico e scopro che è a pochi centimetri, e allora penso “Oddio… qua si comincia”.

Infine: sei dentro o fuori dalla porta (“are you inside or outside the gate”, chiede Solotroff in un pezzo, ndr)?

Chicago sta patendo un dicembre insolitamente freddo, quindi ora sono confortevolmente “within the walls”. Però, dato che abbiamo finalmente pubblicato questo nuovo album dopo molti ritardi, sono felice di annunciare che ho trovato la strada per uscire!