BLACK SUN PRODUCTIONS, Toilet Chant e Dies Juvenalis

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Il legame fra Massimo e Pierce è nato sul set di un film porno underground: i due vengono entrambi da un passato di prostituzione maschile e dal 2001 formano un sodalizio artistico, oltre che sentimentale, teso a percorrere il lato magico dell’amore e della relazione sessuale, legandolo all’esplorazione degli stati alterati di coscienza, all’esoterismo e all’anarchia. Frutto del loro lavoro teorico-pratico è tutta una serie di performance artistiche sessualmente esplicite: l’ardita sperimentazione in un ambito così delicato costa non poche grane con le autorità: nel 2003 furono oggetto di un blitz da parte della polizia di Zurigo, che portò a una denuncia per detenzione illegale di materiale pornografico. In realtà, a esser contestato fu il contenuto delle loro attività artistiche (le cui testimonianze vennero sequestrate), in conflitto con le severe leggi svizzere in materia. Una delle loro performance, “Plastic Spider Thing”, incentrata sulla relazione sadomaso fra un ragno ed una mosca, entrò a far parte integrante del tour dei Coil del 2002. La collaborazione con Balance e Christopherson è stata chiaramente un elemento chiave nell’orientare l’interesse di Massimo e Pierce verso la produzione musicale: nello stesso anno le musiche di “Plastic Spider Thing” furono pubblicate da Eskaton, etichetta dei Coil, poi altri dischi sarebbero uscite per le italiane Old Europa Cafe e Rustblade, oltre che per Anarcocks, etichetta fondata dal duo di Zurigo stesso.

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Proprio Anarcocks mise in circolo Toilet Chant e Dies Juvenalis, rispettivamente nel 2004 e 2007. Quest’anno vengono riproposti su vinile dalla svizzera Hallow Ground. Diciamolo subito, quella di Pierce e Massimo, in special modo qui, è una musica molto in debito coi loro “padri”: i Black Sun Productions assorbono la lezione dei Coil e la restituiscono legandola a un impianto ideologico-concettuale originale. Entrambi i dischi, sia il più peculiare Toilet Chant, in cui compare anche la voce di John Balance, sia il più estroso Dies Juvenalis, sono esempi di elettronica brillantemente deviante: il primo procede per strappi, suona sfilacciato, a volte grumoso, avvitandosi in maniera apparentemente disordinata attorno ai loop, ai campioni vocali tagliati a fette, assumendo spesso connotati danzerecci; il secondo propone una techno destrutturata oppure ammantata da un esotismo d’oscura provenienza, come nella title-track. La trama sonora dei pezzi, la sovrapposizione dei vari elementi in ballo, appare qua e là un po’ sempliciotta, tradisce la dimensione – per così dire – teatrale della musica di Pierce e Massimo, che tuttavia palesa una ricerca e una cura del suono comuni a pochi nel giro industrial dove, bene o male, dobbiamo collocare il lavoro dei Black Sun Productions.