BLACK SPIRITUALS, Of Deconstruction

BLACK SPIRITUALS, Of Deconstruction

Gli americani (Oakland) Zachary James Watkins (chitarra, elettronica) e Marshall Trammel (batteria) sono i Black Spirituals. Il nome che si sono dati, essendo di colore, è forse in qualche modo “politico” e ha a che fare con la conquista della libertà espressiva, fino al punto – vien da pensare – da rimettere in discussione (decostruire?) le loro stesse tradizioni (io associo lo spiritual alla voce e alla malinconia, non certo alle asperità strumentali di questi due signori). Watkins è un compositore, apparso anche su Tapeworm, in possesso di una formazione accademica e in grado di muoversi anche nell’ambito della sound art. L’improvvisazione sta alla base del suo interagire con Trammell, in un percorso accidentato, irregolare e non prevedibile. Siamo in quel territorio dove free jazz e noise si annusano, trovando solo a tratti l’alchimia che afferra l’attenzione di chi ha messo su il disco. Un possibile punto di riferimento per orientarsi potrebbe essere costituito dagli Aufgehoben, nonostante i Black Spirituals possano vantare solo in parte la loro l’immediata e salutare – per gli incolti come me – esplosività.

Direi che le cose funzionano quando Watkins trova un suono elettronico su cui fissarsi a lungo e lo propone in tutta la sua semplicità, dando qualcosa che possa imprimersi nella memoria (è fantascientifico e inquietante nella prima traccia, ad esempio), e quando i due trovano intesa per accelerare e rallentare insieme, aumentando volume e intensità in accordo a quanto veloci stanno andando, creando così buone parti atmosferiche e buone parti abrasive. In altri momenti, inevitabilmente, sono slegati o dispersivi, ma dipende anche in questo caso molto da quanto si masticano queste sonorità.

Stima per la Sige, coraggiosissima a proporli al suo pubblico.