BLACK OATH, Behold The Abyss

BLACK OATH, Behold The Abyss

Ci sono alcuni gruppi che, pur venendo classificati in un certo modo, sono molto più sfaccettati di quello che si crede. I Black Oath sono il classico esempio di band a cui la definizione “doom metal” è sempre stata un po’ stretta. Album dopo album, sono riusciti sempre a distinguersi dalla massa per il loro sound figlio del metal classico più oscuro così come del black metal e anche di alcuni grandi nomi degli anni Novanta come i Tiamat. Oltre alla predilezione per tematiche legate all’occulto, hanno sempre investito molto sulla melodia e sul come renderla più personale possibile. Se il precedente To Below And Beyond (del quale abbiamo parlato molto bene) andava lungo quella strada, questo nuovo Behold The Abyss ribadisce l’intenzione, inoltre presenta uno stile più distante dal doom com’è classicamente inteso. È il loro disco più breve e anche quello in cui emergono molte influenze che sembravano sempre essere in secondo piano. È palese che abbiano preso ispirazione dal prog più oscuro dei Goblin, ma anche da altri nomi italiani come la PFM (tenendo però sempre Iron Maiden e Mercyful Fate come spiriti guida), con passaggi che possono ricordare anche gli Opeth. Non hanno neanche mai nascosto l’amore per il post-punk e per il rock gotico, che emerge in “Once Death Sang”, con Elisabetta M. (ex-Riti Occulti) alla voce femminile. Se le parti più metal stanno sulla title-track, su “Chants of Aradia” e su “Profane Saviour”, l’apice della melodia è raggiunto nella conclusiva e quasi pop “Everlasting Darkness”.
L’impianto generale non è stato stravolto, ma – grazie anche ad una line up molto più solida – è stato arricchito con idee migliori e con soluzioni più ricche e godibili. Le canzoni sono di gran lunga più catchy che in passato, con riff e ritornelli che rimangono subito in testa anche dopo pochi ascolti. Sembra insomma che A.th abbia lasciato la parte più grezza e minimale del suo background ai The Rite (nuovo progetto black/doom con voce solo in screaming di Ustumallagam dei Denial Of God).

Behold The Abyss è un disco veramente bello, che può piacere a un pubblico molto più ampio di quello legato al doom. I Black Oath anche questa volta sono riusciti a regalarci un album molto personale e che, come i precedenti, si distingue subito dalla marea di promo che ci arrivano in redazione ogni mese.