BLACK GREMLIN, The Fun Is Over

Con un artwork che vale più di mille parole e un’apertura che sembra arrivare dritta dalla California di fine Settanta, con la scena hardcore che stava sgomitando per affrancarsi dal punk e dal suono del decennio ormai agonizzante, i Black Gremlin fanno centro con un lavoro che unisce garage, hardcore punk, rock’n’roll scandinavo e hard rock, il tutto centrifugato con erba messicana e pessimi liquori da drug-store. “Un brutto disco?”, potrebbe domandarsi qualcuno capitato qui per caso. Al contrario, un disco da leccarsi i baffi perché come si diceva una volta “Nice boys don’t play rock’n’roll”. Che poi i Black Gremlin siano di Parma anziché americani o svedesi è un fattore puramente marginale, molto più sorprendente che non vengano dritti dal passato e siano un gruppo odierno, il che in realtà sorprendete non è  se si riannodano le fila di una schiera di smidollati che hanno attraversato i decenni e fatto proseliti lungo tutta la storia del rock. Parliamo ovviamente di quegli attaccabrighe sfrontati e poco inclini alle buone maniere che hanno saputo mantenere alta la fiamma dell’attitudine iconoclasta e del nichilismo sonoro con nomi quali MC5, Motörhead, Fear, Gang Green, Turbonegro, Zeke, The Shrine, Valient Thorr e via di questo passo. Quindi, non parliamone come di un gruppo retro-qualcosa, perché questi suoni non hanno data di scadenza, né un’epoca di riferimento ma appartengono ed apparterranno per sempre ai ribelli senza causa di ogni parte del pianeta, quelli che non saranno mai cool e non seguiranno mai le mode perché troppo impegnati a ubriacarsi e fare l’alba in pessima compagnia. Per noi è un ottimo pedigree.