Basso e batteria, Barchan e Tongs

BARCHAN, Soliton

Barchan1

I Barchan sono il bassista James Welburn, che abbiamo già intervistato in occasione dell’uscita del suo album per Miasmah e che suona anche con il progetto Transmit di Tony Buck dei Necks, e il batterista Tomas Järmyr, che al momento sta girando in tour con gli Zu. Le barcane sono delle dune alle quali il vento fa prendere la forma di un ferro di cavallo e che – a leggere la presentazione di Silken Tofu – producono anche dei drone, mentre il solitone in fisica è un tipo di onda, utilizzato nell’ambito delle telecomunicazioni perché non si disperde. Il basso di James qui è filtrato come nella sua prova solista: ne esce qualcosa di cupo, rumoroso e tutto sommato lontano dallo strumento-sorgente, una sorta di suono continuo che potrebbe essere considerato come una sorta di drone o sembrare una particolarissima versione di quei riff ultra lo-fi dei gruppi black metal. Järmyr è altrettanto estremo nel suo approccio, nel senso che sa essere devastante, ma anche libero da schemi. Si tratta di un viaggio senza interruzioni che dura quasi un’ora e a qualcuno potrebbe venire in mente per associazione d’idee Betimes Black Cloudmasses degli Æthenor, vista l’anomia delle percussioni, protagoniste all’interno di un contesto in qualche modo ambient/atmosferico. Non male.

TONGS, Tongs

Tongs

I Tongs sono un duo basso-batteria formato da Antonio Bertoni (violoncello e contrabbasso nel progetto/trio Fingers di Alberto Boccardi, suona anche nei Pequod) e Carlo Garof. Prendono le mosse dall’improvvisazione jazz per arrivare a un meticciato indecifrabile: ogni pezzo di questo disco, uscito per Sinusite, ha una sua personalità e delle trappole che ti fanno credere di aver inquadrato un’entità che invece si sposta di continuo. I Tongs possono rallentare e ipnotizzare come gli Om (visto l’assetto, la tentazione di citarli era tanto forte quanto onestamente forzosa), rockeggiare come i Graveltones o muoversi lungo traiettorie meno scontate come gli Zu, nonostante spesso conducano un dialogo basato in modo insistito sull’iterazione. Talvolta provvedono anche ad accennare a un’atmosfera che faccia da sfondo ai loro discorso, presumo grazie a un intelligente uso degli effetti, per questo qualcuno ha tirato fuori anche l’industrial, ma forse non è un paragone a fuoco. Una versione spoglia degli Skull Defekts, forse? Non proprio. L’unica cosa che so è che attendo di sentire quello che faranno in seguito e che li vorrei ogni tanto più abrasivi.