BARRY ALTSCHUL «3DOM Factor», 9/5/2025
Ginevra, AMR-Sud des Alpes. Foto di Piercarlo Poggio.
Ha fatto un certo effetto vedere Barry Altschul canuto, con gli occhiali scuri a proteggersi dalle luci della ribalta, avanzare aiutandosi con un bastone. A partire dalla seconda metà dei Sessanta e per tutto il decennio successivo una miriade di dischi riportava il suo nome nel retro di copertina. Titoli che hanno fatto epoca, di proprietà di Paul Bley, Anthony Braxton, Sam Rivers, Roswell Rudd, Dave Holland e persino di Chick Corea, epoca Circle beninteso. Inutile negarlo, è stato un idolo di gioventù per tanti jazzofili-boomer con un minimo di propensione per l’avventura. A Ginevra, come nelle migliori fiabe, è bastato si installasse dietro i tamburi, et voilà, ecco il ripetersi all’istante di certe sue magie, a cominciare da quel modo unico e particolare di agire sui piatti per ricavarne timbri speciali. Ottantadue anni e forse un po’ anche sentirli: un cenno di saluto al pubblico e un «let’s improvise!» rivolto ai compagni di cordata, e la pensione può attendere.
Il trio con Joe Fonda al contrabbasso e Jon Irabagon (sax tenore e sopranino) va avanti all’incirca dal 2012 e da quattro dischi. L’intesa è prossima alla perfezione, non c’è neppure bisogno di sguardi sfuggenti né tantomeno di fogli e spartiti. Si parte e si va, senza obblighi e schemi, con alcuni temi o riferimenti strutturali sedimentati nella memoria dei tre, pronti per essere rimodellati all’infinito. Irabagon ha fraseggi sempre serrati e densi, variati da rapide impennate e scarti imprevedibili e, specie al sopranino, non disdegna l’impiego di tecniche estese e la messa in atto di sperimentazioni al limite. Nel suo linguaggio il free, a tratti torrenziale e ayleriano, si alterna alla riconoscibilità del bop, stili del passato che trovano nel contesto del trio la maniera per risorgere a nuova vita. Allo stesso modo, i tanti solo che si susseguono durante la serata si mostrano funzionali al discorso collettivo, non sono mai digressioni vacue e non servono a coprire vuoti di creatività. Al contrario, è appunto grazie a tali espressioni individuali che il gioco d’insieme viene di continuo a essere rilanciato. Lo si nota in particolare quando la palla passa a Fonda, la cui cavata profonda, tesa e a modo suo swingante è il collante giusto per dare coerenza a trame impulsive, fluttuanti, dinamiche. Rari i momenti di rilassatezza, e quando ciò accade – Altschul che tira fuori le spazzole per “Irina” – l’impressione è del classico tipo quiete prima della tempesta. “Ask Me Now” di Monk, una pietra angolare nelle interpretazioni del «3DOM Factor», è stata ripresa con la consueta sagacia e fantasia, ennesima dimostrazione che la musica del pianista rimane una fonte d’ispirazione perenne. Inframmezzato da una pausa, il live effettivo è durato in totale un’ora e quaranta, non poco in questi tempi frettolosi, a testimoniare la generosità di musicisti che attraverso l’esperienza e un innato senso comunicativo riescono a essere coinvolgenti al massimo grado, nonostante la loro musica non faccia sconti e sia tutto tranne che conciliante e ruffiana. Un trio energico, rumoroso e finanche gioioso, dal tasso espressivo molto alto, di cui nell’ultimo decennio si è purtroppo parlato troppo poco, considerato discograficamente da etichette volonterose ed encomiabili (TUM, Not Two), ma non certo di primo piano e impossibilitate a dare il sostegno che servirebbe in termini di marketing. Proviamo con il buon vecchio passaparola, a volte funziona ancora e se Altschul, Fonda e Irabagon vi passassero a tiro, non perdeteveli per nessuna ragione.