ATTENTAT SONORE, Turbulences

ATTENTAT SONORE, Turbulences

Abbiamo sempre seguito da vicino i francesi Attentat Sonore, storica formazione della scena d.i.y. d’Oltralpe dedita a un energico mix tra punk-rock, street-punk e hardcore vecchia scuola. Per la precisione, sono passati ben sette anni dall’album Operation : Infiltration e dallo split con i seminali M.D.C., una pausa decisamente lunga che viene oggi colmata da questo nuovo lavoro, dodici tracce che mostrano una band ancora più determinata e decisa a recuperare il tempo perduto tramite anthem coinvolgenti e in grado di ficcarsi in testa già dal primo ascolto. Soprattutto, gli Attentat Sonore rappresentano un caso esemplare di amore e devozione totale alla propria scena di adozione, spaziano tra differenti declinazioni del verbo punk, tra riff veloci e singalong, stop & go da manuale e strizzate d’occhio alle melodie del punk-rock, il tutto amalgamato e reso coeso dal tipico tratto della formazione, ormai una garanzia visto che la band è in giro dalla metà degli anni Ottanta, tra uscite discografiche e concerti, soprattutto coinvolgimento in prima persona nella comunità di Limoges, al cui interno rappresenta un vero e proprio punto di riferimento. Rispetto alle uscite precedenti, sembra che la band abbia deciso di premere sull’acceleratore, senza scordare le proprie origini ma lasciando in secondo piano la componente street per dar maggior spazio all’energia dell’hardcore, tanto da decidere di chiudere il disco con un brano dei bostoniani S.S.D., vero e proprio inno in grado di unire differenti generazioni di appassionati del suono e dell’attitudine d.i.y. Probabilmente non è un caso che gli Attentat Sonore abbiano deciso di tornare con un nuovo album proprio in questo periodo, un momento in cui le istanze politico/sociali e la necessità di urlare forte il proprio dissenso sembrano chiamate in causa da una svolta reazionaria e conservatrice a livello mondiale. Di sicuro non si tratta di un lavoro di mestiere e privo di mordente, quanto di una dimostrazione di come anche dei “veterani” della scena possano continuare a macinare note con passione e energia palpabile, segno che non si sta svolgendo un compitino ma si risponde ad un bisogno irrinunciabile: comunicare e fare la propria parte per mantenere vivi certi ideali. In fondo, dovrebbe essere questo il fine ultimo del punk, o sbaglio?