Asphyx, death metal garantito

Per chi si intende di musica estrema (e non solo), il nome degli Asphyx non è certo una novità. Se parliamo di Olanda sono senza ombra di dubbio la punta di diamante del death metal uscito da quel Paese: se oggi i Pestilence non regalano più le emozioni di una volta, ci pensano loro a tenere alta la bandiera, con un sound a dir poco inossidabile. In occasione dell’uscita del nuovo Necroceros abbiamo raggiunto telefonicamente Martin Van Drunen per una piacevole chiacchierata: personalità a dir poco iconica, è oggi rimasto l’unico membro storico in line up (non è tra i fondatori, è entrato nel 1990 mentre la band è nata nel 1987). Nonostante ciò la loro è una delle reunion meglio riuscite ed è uno dei nomi che si trovano più di frequente nei cartelloni dei festival. Oltre al metal, è un grande appassionato di storia, in particolar modo delle due guerre mondiali, nonché del caro vecchio blues.

Per prima cosa, come sta andando la promozione del nuovo Necroceros? Di recente c’è stato il release show in streaming del disco.

Martin Van Drunen: È un periodo strano, abbiamo fatto appunto il release show ed è andato bene. Stiamo ancora soffrendo molto a causa della pandemia, ma in qualche modo stiamo cercando di vederne i lati positivi.

Sono sicuro che per voi sarà stato molto strano suonare senza un pubblico!

Sicuro, è stato molto strano. C’erano telecamere, fotografi, cercavi di immaginarti il pubblico da casa ma non è stato come averlo davanti ovviamente. Era l’unico modo per noi per fare un release show, non avevamo alternative. A quanto vedo però è molto piaciuto, c’era gente da tutto il mondo che ci guardava. È stata una novità interessante, ma mai bella come un concerto vero.

Adesso le date del tour verranno nuovamente rimandate?

Certo, per forza dovremmo rimandarle. La situazione è così: c’è il lockdown ovunque, i contagi aumentano e i vaccini al momento non stanno ancora risolvendo del tutto la situazione. Non vedo miglioramenti se non in 4-5 mesi ma chissà, magari la campagna vaccinale sarà più intensa nei prossimi mesi. Forse verso la fine dell’estate finirà tutto, speriamo!

In Olanda al momento siete in lockdown completo?

Certo, in più c’è il coprifuoco: non puoi andare in giro dopo le 9. Le uniche cose ad essere aperte sono alimentari, farmacie. Le persone possono dormire in hotel ma questi non possono tenere aperti i loro bar e i ristoranti.

Parliamo adesso del disco nuovo: è la prima volta (per forza di cose) che vi trovate a comporre un disco e a registrarlo durante una pandemia. È stato positivo per voi avere più tempo e più calma per comporre le canzoni?

Alla fine devo dire che è stato appunto un fattore positivo. Suona strano ma nessuno ci ha disturbati mentre componevamo il disco. Io ho scritto i testi dopo che tutte le canzoni sono state composte, così potevo lavorare meglio sulle linee vocali: eravamo in totale lockdown, credo fosse aprile, non c’era nessuno per strada che potesse darmi fastidio, così potevo lavorare senza problemi. Era una calma che cercavo da tempo per scrivere, è stata una situazione ideale. L’abbiamo visto come un vantaggio ma è stato strano: siamo entrati nello studio quasi illegalmente, visto che non eri autorizzato a vedere nessuno (ride, ndr).

L’avete registrato anche in momenti diversi, suppongo.

Certo, il materiale era già composto ma abbiamo finito gli arrangiamenti in due weekend, facendo delle jam. Poi abbiamo iniziato con la batteria, in seguito Paul ha potuto incidere le chitarre a casa. In seguito sono andato in studio a registrare le voci.

Il vostro batterista non è olandese, ma credo che per voi non sia stato difficile vedervi, visto che la stessa Olanda non è poi così grande.

Esattamente. Husky è tedesco ma vive vicino al confine. Noi anche non siamo così distanti, quindi può arrivare in Olanda senza problemi in venti minuti.

Potete quindi provare una volta a settimana senza problemi.

Sì ma noi non proviamo (ride, ndr). Non siamo un gruppo che prova assiduamente anche se stiamo meditando se iniziare a farlo in futuro o no. Considera che abbiamo fatto una prova prima del release show e un’altra il venerdì prima on stage per provare i suoni. Sono state le uniche due volte che abbiamo provato il disco per intero, ma adesso con Husky che vive in zona forse in futuro inizieremo a provare spesso. Chissà, vedremo.

Parlando dei testi del disco, mi piace molto il fatto che spesso parli di argomenti storici, come in “Three Years Of Famine” o “Molten Black Earth”.

Ti ringrazio! Mi impegno molto per scrivere buoni testi e ovviamente quelli sono basati su fatti storici, spesso tratti da libri in cui racconto il punto di vista del narratore. Per scriverli mi baso molto sull’atmosfera del pezzo e cosa possa starci meglio. Ad esempio, non puoi usare il testo di “Botox Implosion” per “Three Years of Famine”.

Quest’ultima è la traccia del nuovo disco che preferisco, ha un sound un po’ diverso dal vostro standard, molto più melodica. Trovo che sia buono inserire degli elementi di “novità” nella vostra proposta, sebbene in realtà abbiate sempre avuto degli elementi doom in quello che suonate.

Ti ringrazio! È stato un cambiamento piccolo per questo disco, non mi aspettavo che Paul facesse cose del genere, come anche le linee melodiche su “Blazing Oceans”. Ho scritto il testo basandomi anche su quello. Non vogliamo però stravolgere troppo il nostro sound: vogliamo essere una “garanzia” per chi ci segue, chi compra il disco deve più o meno aspettarsi quello che abbiamo sempre fatto e che continueremo a fare. Se poi apprezza gli elementi di novità, quello è un fattore positivo in più.

Alla fine per un gruppo come il vostro che ha un sound definito (mi viene da pensare anche agli Obituary) è giusto dare al pubblico quello che si aspetta.

Infatti, aggiungici anche che non riceviamo pressioni per continuare a fare quello che facciamo. Non ce lo programmiamo neanche troppo, magari il prossimo disco sarà ancora più “conservatore” nel sound, vedremo cosa uscirà fuori in maniera del tutto naturale, come abbiamo sempre fatto.

Riguardo alla tua passione per la storia, è una cosa che coltivi dai tempi della scuola o è invece più recente?

Gli anni in cui andavo a scuola sono stati tragici. Ero un metallaro a cui interessava solo ascoltare musica e bere (ride, ndr). È stato un po’ comico aver maturato interessi culturali dopo. La mia passione per la storia è iniziata dopo aver letto “Stalingrado” di Theodor Plievier. È un romanzo che racconta molto bene la realtà della guerra e cos’è stata la celebre battaglia. È stata una grande fascinazione per me. Ho iniziato a leggere ancora di più a riguardo fino ad approfondire tutta la storia del fronte orientale. Quella di Plievier è una trilogia che comprende anche Mosca e Berlino, il che mi ha permesso di conoscere meglio la storia della Seconda Guerra Mondiale. In seguito mi è venuto l’interesse di approfondire il fronte asiatico e quello che era successo con i giapponesi. Da lì poi ho proseguito con la storia della Cina e via così. Compro libri di seconda mano perché non ho molti soldi. Sono sempre contento di trovarne alcuni che mi interessano, quella per la storia è una passione che non finisce mai. È la principale assieme al metal.

Scommetto che sei anche un appassionato dei film di guerra.

Sì ma sono più un fan di quelli vecchi. Mi è piaciuto uno di Kathryn Bigelow del quale non ricordo il nome, parla di un esperto di bombe nella guerra in Medio Oriente (presumo stia parlando di “The Hurt Locker”, che ho visto tempo dopo averlo intervistato, ndr).

La vicenda di Stalingrado è stata senza dubbio una delle pagine più interessanti della Seconda Guerra Mondiale.

Beh sì, considerando che voi italiani avete avuto diverse perdite durante quella battaglia. Le vostre truppe hanno sofferto molto con -40°. È l’orrore della guerra, pure per questo è così affascinante: soldati morti assiderati e congelati ovunque.

Contando poi che i russi resistevano fino alla morte pur di non cedere Stalingrado ai tedeschi.

Considera però che non avevano scelta: o li uccideva i tedeschi o il loro stesso governo. Non c’era alternativa se non orrore e terrore da entrambi i lati, i russi però avevano più gente. È andata meglio così, sennò avremmo i nazisti adesso (ride, ndr).

Con gli Hail Of Bullets avete registrato ben 3 dischi sulla Seconda Guerra Mondiale: mi viene da chiederti se la Prima ti affascini meno in qualche modo.

Assolutamente no! Leggo molti libri anche sulla prima ma è una tematica molto cara ai Bolt Thrower, tutti i loro album parlano soprattutto della Prima Guerra Mondiale, quindi in qualche modo è stato più o meno detto tutto a riguardo. Se dovessi trovare qualche episodio particolare in futuro ne parlerò in un testo, ma dev’essere qualcosa di cui i Bolt Thrower non hanno già parlato.

Non sono certo di ricordare con esattezza, ma a quanto sapevo stavate per registrare qualcosa con i Bolt Thrower.

In realtà ai tempi non c’era proprio materiale da registrare, sono entrato nel gruppo per promuovere For Victory perché non era ancora stato fatto un tour promozionale per il disco. Ho portato il disco live assieme ai pezzi vecchi, in seguito abbiamo fatto un altro tour in cui è stato portato tutto per intero, ma non c’erano pezzi nuovi da registrare quindi non c’è stata proprio l’occasione per farlo.

Sei ancora in contatto con loro?

Certo! Mi hanno anche scritto quando Martin è morto, io e lui siamo entrati nel gruppo nello stesso momento. Eravamo entrambi nuovi, ma io ero quello più vecchio mentre lui era un giovincello, ero ancora in contatto con lui, è stato tutto molto tragico. Contando che poi era ancora giovane e con due figli, è stato totalmente inaspettato per me.

Fa ridere pensare che il termine “war metal” sia molto più adatto a loro piuttosto che ai gruppi a cui viene sempre associato.

Ovviamente. C’è stato prima chi aveva già parlato della guerra (come non citare i Black Sabbath) ma loro lo hanno fatto in maniera diversa.

Parlando di cose non legate al metal, so che sei un grande fan del blues e del vecchio rock n’ roll.

Certo, dove l’hai scoperto?

Mi pare di aver letto una vecchia intervista in cui ne parlavi, in particolare riferendoti a Bessie Smith.

Esatto, sono un suo grande fan. Già quando ero al liceo mi interessavano le origini del metal, da cosa provenisse il genere. Così mi sono avventurato in un viaggio nel passato: ho iniziato a sentire gli spiritual, le canzoni che cantavano i neri nei campi di cotone. Il Blues è diventato rock n’ roll, che è diventato metal e così via. Nei giorni che hanno preceduto il release show mi sono focalizzato così tanto sui testi quasi dal poterli sognare di notte. Dopo mi sono detto “basta metal per qualche giorno”: adesso sto ascoltando Robert Johnson e prima avevo messo su Bessie Smith. Amo quel genere di cose. Anche perché è “raw”, i testi sono incredibilmente brutali, non ti aspetti che negli Anni Venti si parli così tanto di sesso, omicidio, bevute, droghe. E adesso magari qualcuno si stupisce se ora magari noi nei testi parliamo di certi tipi di argomenti?

Se ci pensi alla fine i musicisti neri, specie quelli blues, hanno sofferto molto più dei bianchi a causa del razzismo, della povertà e delle droghe.

Sono d’accordo, una delle storie più tremende è quella della morte di Bessie Smith. Lei che si era fatta male al gomito, era col marito che stava in giro con lei per concerti. Aveva il gomito fuori dal finestrino e la macchina si era schiantata contro un’altra macchina. Quando la portarono all’ospedale si rifiutarono di operarla perché era nera e quello era un ospedale per bianchi. Così ha sanguinato fino alla morte. Non so come sia stato possibile per un dottore che ha fatto il giuramento di Ippocrate non aiutare un essere umano. È stato un atto criminale e così è morta! Era così però che succedeva in America a causa del razzismo.

È stato un gesto orribile. Anche la storia di Billie Holiday può essere presa ad esempio.

Esattamente! Quando andammo a suonare a Baltimora per il Maryland Deathfest volevo andare a portare dei fiori alla sua tomba ma non fu possibile, ci dissero che non era una zona tranquilla e allora lasciammo perdere… sarà per la prossima volta!
Tornando a noi, come ho già detto prendo ispirazione molto anche da queste sonorità. Alcune cose che abbiamo fatto con Paul e che sono sul disco nuovo sono state ispirate da Chuck Berry!

Ci sono delle novità per i Grand Supreme Blood Court? Adesso ho visto che è entrato Bob Bagchus che non suona più con voi Asphyx.

Ne stavamo parlando a riguardo, c’è ancora molto da fare. Avevamo due show programmati ma sono entrambi rinviati a causa del Covid. Vedremo in futuro, non c’è fretta.

Se non erro lui non aveva più tempo per gli Asphyx a causa del suo lavoro.

Esatto, e anche per motivi familiari. Non vedeva più la sua famiglia! Finiva di lavorare il venerdì e poi doveva subito prendere un volo per suonare da qualche parte, per poi tornare domenica e lunedì ricominciare a lavorare. Abbiamo capito la sua decisione, la famiglia veniva prima e il gruppo dopo, è stata una decisione triste ma comprensibile.

È buono però che abbiate ancora un buon rapporto 

Beh ovvio, siamo tutti grandi amici con Bob, Eric (Daniels, ndr), con chi suonava nei Soulburn, è tutta una grande famiglia!

Per quanto riguarda i gruppi italiani, ce n’è qualcuno che ascolti? So che ad esempio ti piacciono i toscani Profanal.

Esatto, con loro abbiamo suonato a Brescia tempo fa! C’era anche un gruppo che suonava quella sera, con due donne, gli Psychotomy. Il primo disco non mi faceva impazzire ma il secondo è veramente buono! Mi piacciono anche gli Agony Face, abbiamo fatto qualche concerto con loro, dei gran bravi ragazzi. C’è anche questa “fun band”, i Southern Drinkstruction, molto fighi anche loro. Poi vabbè ci sono anche i gruppi vecchi come i Necrodeath. Io in generale cerco sempre di tenermi aggiornato con le nuove cose che escono, per quanto possibile.

Ultima domanda: so che siete un gruppo con un’ottica un po’ DIY, non avete un manager e ognuno di voi ha un ruolo: tu ti occupi dei concerti mentre ad esempio Husky del merchandise. 

Non esattamente: abbiamo una booking agency che si occupa delle date ma ognuno di noi ha un ruolo ben preciso. Alwin, il bassista, pensa al merch. Paul è spesso in contatto col nostro agente e revisiona i contratti per le date. Husky fa un po’ tutto, lui poi è spesso appresso ai social, è come un lavoro oggi (ride, ndr). Io oltre a leggere per i test rispondo alle interviste e tengo i contatti tra l’etichetta e il gruppo. È così che ci dividiamo i ruoli.