ASH KOOSHA, 26/11/2016

Torino, Superbudda. Le foto sono di Gabriele Daccardi, che ringraziamo.

I Docks Dora sono un vecchio complesso di magazzini generali posto alla periferia nord di Torino, nel quartiere Barriera di Milano. L’impianto mercantile, dismesso ormai dagli anni Sessanta, ha conservato nel tempo un certo fascino che sa di lavoro, fatica e operosità. Qui, ora, hanno trovato sede attività diverse, che vanno dalla ristorazione alla presenza di sale prova, attività culturali e intrattenimento.
L’atmosfera che si respira al Superbudda è quella che si avverte mettendo piede nel salotto di casa di un amico: intima, privilegiata, amichevole.
Ash Koosha è presentato da Kadmonia, un giovane progetto che si propone di incrementare la fruizione del pop di qualità in Italia, organizzando eventi sul tessuto nazionale ed estero (da non perdere il live “Xiu Xiu plays the music of Twin Peaks”, previsto per il 10 dicembre al Cinema Massimo).

La sala inizia a riempirsi (e il buio è quasi totale) quando Ash Koosha si posiziona in silenzio dietro al suo laptop. Ashkan Kooshanejad è originario di Teheran, Iran. Ha 31 anni e ha chiesto asilo politico a Londra (*). Lì, sotto lo pseudonimo di Ash Koosha, inizia il suo progetto elettronico, seguendo un metodo che egli stesso definisce “nano composition”: gli studi classici al conservatorio, infatti, influenzano fortemente il suo modo di lavorare, che si basa su una visione futurista della musica, non più pensata in note ma tramite immagini, geometrie, anche se sempre strutturata.
I AKA I, uscito di recente per Ninja Tune, è il disco che Koosha presenta nel suo esclusivo debutto al Superbudda. È possibile restituire attraverso il suono un mondo tanto frammentato e complesso come il nostro, caratterizzato dal sovrapporsi tra reale e irreale, tra umano e tecnologico? È possibile utilizzare i suoni come fossero figure geometriche, colori, immagini? L’approccio di Ash Koosha sembra voler rispondere positivamente a queste domande.
Il talento di Ashkan sta nella sua capacità di “scolpire” i campioni da lui utilizzati: voci, percussioni, rumori di qualsiasi tipo vengono compressi a un tale livello di inintelligibilità da diventare la base di una riconfigurazione che permette all’artista di tracciare un sound complesso, influenzato da d’n’b, dubstep, ma anche da pop ed elementi più wave, come nel caso di “Biutiful”, pezzo malinconico e tormentato, o “Snow”, forse il brano che meglio rappresenta lo stile del compositore grazie al suo mix di techno e musica persiana. La ripetizione viene usata sapientemente e arricchita di nuovi particolari, pennellate di colore che vanno ad acquistare sempre maggior slancio. Il live è sostenuto dalla presenza di visual astratti, ma questa volta, per chi ha il coraggio di chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla musica, non sono così necessari. Potremmo infatti definire Koosha un “prestigiatore della sinestesia”, un abile incantatore in grado di creare una nuova realtà basata su un suono evocativo e immaginifico. Non a caso, sta lavorando a una nuova versione del suo disco, che prevede un’esperienza visiva attraverso l’utilizzo di un device per la realtà aumentata, di modo da fornire all’ascoltatore un punto di vista che rispecchi il proprio.

Parlando con Ash è venuto fuori che ogni generazione ha la propria musica di protesta, un genere che va ad indagare sulle dinamiche sociali e culturali della realtà che ci circonda. Secondo l’artista, la musica elettronica incarna queste premesse di base per quella che è la nostra generazione, quella dei trentenni abbandonati a loro stessi, in crisi per il lavoro, per le bollette da pagare e condizionata dai mutamenti sempre più veloci della tecnologia e del mondo.
Sarà davvero così? Continueremo ad approfondire.

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Prima di Ash Koosha abbiamo visto AKE e Tommaso Colella.
AKE è il progetto solista di Elia Pellegrino, già membro dei Pugile, un interessante trio elettronico strumentale torinese. Il live, basato su un setup completamente hardware, è impostato in modo da poter improvvisare, smontare, riassemblare praticamente tutto, dai suoni alla struttura dei pezzi, dando vita a soluzioni inventive che definiscono un suono che è sì meccanico, ma anche fluido, lento e ipnotico, che può ricordare quello del primo Amon Tobin.

Tommaso Colella è un volto conosciuto nell’ambiente del clubbing torinese:è infatti co-fondatore e dj di Mobbing Party. Il suo set è uno scontro di suoni lontani, diversi e frammentati, che spaziano con gusto e innovazione tra diversi generi, dando ritmo per più di mezz’ora al dancefloor.

La chiusura della serata è lasciata a due dj set, quello di Red Army Fracture, progetto di Francesco Birsa Alessandri, cofondatore di Haunter Records, e quello di Francesco Rapone (Devil’s Dancers, En Avant). Rapone mette in piedi una selecta che spazia tra sonorità che vanno dall’ebm all’industrial e alla darkwave, e che fanno riferimento a quella che è la nuova scena techno di Berlino, città nel quale ha suonato per la BLACKSILK night, legata all’omonima etichetta di Marc ASH.

* Ashkan Kooshanejad è originario di Teheran, Iran. Ha 31 anni e, come tanti adolescenti, suonava in un gruppo, i FONT, una rock band di quattro elementi formata nel 2004, in seguito condannata a 21 giorni di prigione (agosto 2007) con l’accusa di aver partecipato ad un concerto rock underground nei sobborghi di Teheran. Non solo, Ash era anche metà dei Take It Easy Hospital, un duo indie che è stato protagonista del documentario del regista iraniano Bahman Ghobadi dal titolo “No One Knows About Persian Cats”, che segue le vicende di questi due giovani che cercano di suonare nel Regno Unito. Il successo del film e le turbolenze scaturite dopo le elezioni del 2009 hanno costretto la band e il regista a chiedere asilo politico a Londra.