ART ZOYD, 44 ½: Live And Unreleased Works

Primo cofanetto (e ultimo forse, viste le recenti e tristi notizie sulla probabile chiusura della storica etichetta statunitense) per i grandi vecchi del Rock in Opposition Art Zoyd e anche per la stessa, gloriosa Cuneiform.

44 ½: Live And Unreleased Works raccoglie in ben 12 (!) cd (che coprono trent’anni, dal 1975 al 2005), 2 dvd (idem, ma dal 1985 al 2015), 2 libri e 2 poster. Del resto la musica convenzionale viene raccolta con metodi convenzionali, ma qua di ordinario abbiamo ben poco, a partire dal concept e dalle confezioni di ogni singolo elemento del box, che ci portano per mano in un vero e proprio tour de force nel graphic design (curato dal londinese Max Franosch, anche fotografo per la ECM di Monaco di Baviera), dando ulteriore profondità a un materiale che già di per sé è (forse a volte fin troppo) ricco ed articolato.

Descrivere la musica contenuta in questa cornucopia è per forza di cose un esercizio vano: una delle prime band ad inventare il post-rock? Un ibrido tra Magma e King Crimson con gli occhi persi sugli spartiti di Stravinsky? Nella raccolta-monstre abbiamo intimi pezzi in trio come assalti all’arma bianco in assetto orchestrale, a testimoniare lo spirito perennemente inquieto del collettivo d’Oltralpe, che ha visto avvicendarsi una miriade di musicisti nel corso della sua lunghissima carriera, ma che ha sempre avuto come cuore pulsante il nucleo storico formato dal bassista/violoncellista Thierry Zaboitzeff, il trombettista Jean-Pierre Soarez, la tastierista Patricia Dallio e il violinista/tastierista Gérard Hourbette.

Grande la capacità della band di spaziare tra mondi musicali anche lontanissimi, secondo i dettami della scuola di appartenenza: ottima perizia tecnica, un occhio alla musica colta e nessun pregiudizio. A questa attitudine libera per davvero non corrisponde sempre un suono che possa dire di aver resistito all’inesorabile polvere che si accumula con il passare degli anni, anche se sono diversi i momenti preziosi in questo viaggio così lungo da essere estenuante.

Tra la montagna di cose che si potrebbero segnalare, vale allora la pena menzionare il dettato tra dark, rock  e fantasmi novecenteschi di “Cryogenese / Reve Artificiel”, 13 minuti di paura orchestrata e segnali morse, con pause enigmatiche ed esplosioni sinfoniche verso il cielo della composizione pura (mentre i 22 e passa minuti di “A Drum A Drum”, da un live berlinese del 1987, pur con buone intuizioni, si attraversano a dire il vero con fatica). Sottili e dense le volute di bruma di “K-os”, da un live del 2002, mentre è il suono di un treno ad aprire i 19 minuti di “Noces Accidentales”, con l’Orchestra Nazionale del Messico, dove ottime idee compositive forse patiscono un eccesso di enfasi ed un filo di retorica prog. Più digeribili gli archi incalzanti della snella e nervosa “Le Réveil”, una sorta di folksong in opposition da un live del 1975 dove potrebbe fare capolino da un momento all’altra la voce della divina Iva Bittová o la dolente e raccolta “Marche” del 1996, non così lontana da certa neo classica che oggi va per la maggiore e dotata di un appeal pop parimenti accattivante ma non banale.

Un documento unico per una band coraggiosa e davvero senza limiti, in tutti i sensi.