“Are you sitting comfortably?”: un pezzo su “Exmachina” di Valerio Mattioli (Minimum Fax)

Sedetevi comodamente e leggete “Exmachina” di Valerio Mattioli, un viaggio di 328 pagine che colmano la distanza tra due estremi rappresentati da immagini contrapposte: lo sfondo di Windows XP che promette beatitudine e la copertina della compilation Artificial Intelligence della Warp che minaccia un futuro pronto ad invadere i nostri più intimi spazi, a renderci disumani, persi tra codici binari.

Due estremi su cui si fonda la nascita della tecnocultura e che, nel corso di questo viaggio, apprendiamo essere incarnati dalle figure di Prometeo e di suo fratello Epimeteo. Se il primo è il titano che, sfidando gli dei, mostra agli uomini i prodigi della tecnica per consentir loro di elevarsi dalla propria ignoranza, il secondo è quello che sposa Pandora e così contribuisce a causare le sventure degli uomini. Due estremi che rappresentano il paradosso più grande del progresso tecnologico, che se da un lato ci ha consentito di accumulare un numero sempre più grande di informazioni per comprendere la complessità del mondo circostante, dall’altro ci ha portato ad uno stato di annebbiamento associato all’impossibilità di gestire e analizzare criticamente queste stessi dati.

Di informazioni è ricco pure il resto di “Exmachina”, che parla dell’epopea della cosiddetta Intelligent Dance Music (IDM) attraverso tre figure chiave (Aphex Twin, Autechre e Boards of Canada), ognuna delle quali viene raccontata per mezzo di un diverso espediente narrativo. Il “trickster” (Willy Wonka, Hermes o Wakdjunkaga che sia) per Aphex Twin, in una parabola che da enfant prodige della techno, provocatore e scaltro costruttore di successo su larga scala, diventa poi un troll (praticamente una specie di Beppe Grillo della Cornovaglia). L’incarnazione dell’automa e l’evoluzione della Machina Speculatrix verso un delirio cibernetico e autopoietico per gli Autechre, capaci di rigenerarsi all’infinito attraversi combinazioni imprevedibili di zero e uno. Il recupero delle memorie passate che diventano fantasmi del presente e bloccano il futuro a venire – in una sorta di diffusa sindrome di Alzheimer collettiva che la cultura del nostro tempo sta vivendo – per i Boards of Canada.

Quest’epopea ci dice molto anche della nostra società e delle tendenze che si sono succedute negli ultimi decenni: dall’interesse per il futuro e per la tecnologia con le sue promesse (e le sue forme espressive) degli anni Novanta, al rifiuto per il futuro e la conseguente tendenza a rifugiarsi nel passato, a creare cronorifugi (per dirla à la Gospodinov), che ha portato ad una perdita di entusiasmo verso la IDM, entusiasmo che è stato recuperato solo di recente, nel momento in cui paradossalmente è diventata essa stessa “passato”.

Gli spiriti guida di questo viaggio sono la passione per la musica e soprattutto la paranoia, stato d’animo prevalente durante il concepimento del libro: erano i giorni del lockdown in cui la profezia della copertina di Artificial Intelligence sembrava essersi avverata, quando lo spazio domestico era l’unica possibilità rimasta e la postura dell’androide in copertina era quella di milioni di persone. E, come dice Mattioli, “a determinate dosi, la paranoia può essere un ambiente confortevole quanto il più rassicurante degli interni domestici”. Le dosi saranno state sicuramente giuste, visto il risultato che ne scaturisce. Un libro che come un Bimby impazzito è capace di amalgamare e impastare controcultura, mainstream, scienza, pop, esoterismo, fantascienza, letteratura, cibernetica, musica, mitologia, psiconautica e viaggi a Balerno. L’esito, come al solito, è spettacolare.