Anna von Hausswolff: l’organo dell’immaginazione

Proseguiamo ad addentrarci nel Sacro Bosco in compagnia della musicista svedese Anna von Hausswolff. Dopo la recensione del suo quinto album di studio All Thoughts Fly, uscito a settembre, tra l’altro a dieci anni esatti di distanza dal suo esordio discografico, non potevamo infatti non intervistarla. Le sue parole ci guidano nel percorso, di ascolto e di esplorazione.

È arrivata prima l’idea di un lavoro per solo organo a canne o quella del concept album dedicato al Sacro Bosco? 

Anna von Hausswolff: L’idea di un disco per solo organo a canne.

All Thoughts Fly rappresenta per l’appunto il culmine, nella tua carriera solista, della simbiosi con il tuo strumento principale: qual è la differenza tra l’inserire un elemento non così comune in una forma-canzone “alt-rock”, per quanto sperimentale quest’ultima possa essere, e lasciare a esso libero campo in un’opera del tutto strumentale e molto più riflessiva?

Quando ascolto musica contemporanea a base di organo, di solito sento di avere una nuova idea di quello che è lo strumento e di cosa possa fare. Voglio trasmettere questo anche all’ascoltatore e, sebbene là fuori ci siano molti pezzi all’organo interessanti e stimolanti, il suono e la composizione possono diventare con facilità aridamente monotoni o troppo oscurati dall’ambiente. Voglio ascoltare l’organo per come è veramente, ascoltare il suo carattere, e allo stesso tempo voglio inserirlo in un contesto attuale. Io e Filip Leyman, con cui ho prodotto All Thoughts Fly, abbiamo deciso di combinare un suono intimista con un suono atmosferico e di lasciar alternare questi due setting, in modo da dare risalto sia al corpo, sia alla stanza. Abbiamo microfonato l’organo da vicino, abbiamo microfonato la stanza e a volte abbiamo dovuto equalizzare/editare un bel po’ per far sì che le diverse armonie risplendessero davvero e creassero spazio l’una per l’altra. Soprattutto, abbiamo fatto tesoro dello spazio tra ogni nota premuta e ci siamo assicurati che tutto potesse essere ascoltato: la meccanica, i chiodi sulle tangenti, l’aria che soffia dalle cinghie. Tutti questi piccoli suoni sono stati d’aiuto nell’edificare i brani e fornire un’immagine dell’organo e della sua architettura. Inserendo altri strumenti l’importanza del dettaglio scomparirebbe e sarebbe difficile sentire sul serio l’organo, e alla fine ne ricaveresti un’esperienza completamente differente.

Quali sono i passaggi fondamentali nel tuo approccio all’organo?

Essere aperta ai cambiamenti e ad aggiunte alla composizione quando si lavora in chiesa. Mi assicuro anche di avere abbastanza tempo per trovare le giuste impostazioni, perché odio sentirmi stressata quando lavoro e desidero sfruttare al meglio lo strumento. Quando si tratta di registrare, è importante per me tracciare tutto in cuffia per poter sentire come suona una volta processato. Preferisco anche fare incisioni separate di ogni fila di canne/suono (flauto, corda, ancia e principale), e di ogni ottava utilizzata, così posso giocare col volume e con l’equalizzazione su alcune frequenze senza il rischio di perdere troppo in carattere o corpo. Devi affrontare la faccenda come se si trattasse di una band al gran completo, non puoi usare gli stessi microfoni o tracce per flauti e tromboni, perché tutto deve essere bilanciato e ben ascoltabile.

Quando hai visitato il Sacro Bosco per la prima volta? Raccontaci che tipo di esperienza personale è stata entrare nel parco di Bomarzo a Viterbo e cosa ha fatto scattare in te sul piano artistico. 

Ci sono stata solo una volta, nel dicembre del 2017. Era arduo capire il significato di tutto, il simbolismo era arcano, eppure sembrava esserci uno scopo sottostante ed era straordinariamente bello. Dovevi creare il “tuo” significato del parco. Questo ha innescato la mia immaginazione e così è nato All Thoughts Fly. Si potrebbe dire che l’energia del parco sia rimbalzata su di me, ma in un nuovo formato.

Hai affermato che la tua ispirazione è l’amore come fondamento per la creazione. Possiamo intravedere una similarità atemporale tra Pier Francesco Orsini che nel 1547 ha elaborato il giardino di Bomarzo e Arp Schnitger che nel XVII secolo ha costruito l’organo poi replicato per questo disco? È come se il tuo lavoro girasse attorno a due artefatti nati dall’immaginazione umana… 

Non conosco bene la storia di Arp Schnitger, il mio obiettivo era la replica del suo organo, l’organo della Örgryte New Church a Göteborg, quindi è difficile per me confrontare o trovare somiglianze tra i due, a parte il fatto che entrambi erano visionari e ambivano a creare spazio per l’arte. Direi che la replica di Arp Schnitger è molto più precisa nella sua ricerca di assomigliare all’originale. La mia interpretazione del Sacro Bosco, invece, è molto personale e astratta. Se avessi voluto fare una vera replica sonora del luogo, avrei optato per un lineare field recording del parco e l’avrei presentato come tale.

Ho letto che stavolta la tua composizione è stata influenzata anche dal tuo lavoro sulle musiche per un imminente documentario prodotto dalla televisione svedese: cosa ci puoi dire al riguardo?

Ho imparato molto su me stessa come compositrice quando ho iniziato a scrivere musica per film. Ho capito che sono molto intuitiva e brava a improvvisare. Ho sofferto di bassa autostima quando scrivevo musica per strumenti che non fossero la voce e l’organo, ma facendo questa colonna sonora ho realizzato che posso praticamente scrivere per qualsiasi strumento purché mi vengano forniti i mezzi adeguati. Mi ha insomma dato fiducia nell’approcciare All Thoughts Fly, e mi ha aiutato a strutturare e orchestrare i suoni. Stavolta non ho avuto bisogno del supporto di altri musicisti per visualizzare la mia idea. L’unica persona importante in questo processo è il già citato produttore e collaboratore Filip Leyman. Abbiamo fatto questo viaggio assieme, nella musica sia per film sia per organo, e abbiamo appreso molto lungo la strada. A parte mia sorella, lui è il mio partner musicale preferito in assoluto.

Quali sono i tuoi dischi strumentali preferiti di sempre, indipendentemente dagli strumenti impiegati, e perché?

Domanda difficile! Ma amo la colonna sonora di “Lord of the Rings” di Bo Hansson (Music Inspired By Lord Of The Rings, del 1970, ndr). È uno dei pochi musicisti che può veramente cantare con il suo strumento. Come vocalist, cerco sempre la “voce” del compositore nella sua musica e posso sentire quella di Hansson molto chiaramente. Amo anche Hex; Or Printing In The Infernal Method degli Earth, Trans-Millenia Music di Pauline Anna Ström, l’album omonimo degli Isla Del Rojo, The Köln Concert e Dark Intervals di Keith Jarrett. Non sono sicura che questi siano i migliori dischi di tutti i tempi, ma sono stati immensamente importanti per il mio songwriting.

Con il precedente album Dead Magic, prodotto al fianco di Randall Dunn, avevi assecondato le tue inclinazioni più heavy: immagino sia un’area sonora che ti affascina tuttora, giusto? Anche se in maniera diversa, e senza voler cedere a sterili categorizzazioni, possiamo ritrovare la stessa grandeur minimalista in All Thoughts Fly, che è tra l’altro il tuo primo disco per Southern Lord, etichetta di solito associata a band doom e proposte simili…

La musica heavy mi affascinerà sempre, è purificante. Creo musica per scopi diversi. Dead Magic doveva essere un heavy trip, era un album molto catartico e in quel momento mi portavo dietro parecchia rabbia e frustrazione che avevano necessità di uscire fuori. Sono fortunata ad aver trovato la partnership di Southern Lord, perché sono persone che capiscono l’importanza della libertà nei processi creativi. Non posso fare musica heavy, o musica pop, solo perché la gente si aspetta che lo faccia.

Dead Magic del 2018 era stato registrato in una chiesa di marmo a Copenaghen, mentre The Miraculous del 2015 era ispirato a una foresta legata alla tua infanzia. Per te i luoghi, meglio se misteriosi a quanto pare, sono sempre interconnessi con la musica?

The Miraculous riguardava un posto in Svezia, Kisa per la precisione, dove ho trascorso la maggior parte delle mie estati durante l’infanzia. Dead Magic è stato più un viaggio interiore sulla psiche umana e sulla sua lotta per la perfezione creativa e l’armonia. Il mio secondo album Ceremony si focalizzava sul processo del lutto. All Thoughts Fly è simile a The Miraculous nel senso che prova a raffigurare un luogo da un punto di vista poetico. Mi piace lavorare su luoghi esistenti: metà del lavoro è già fatto, ho soltanto bisogno di recarmi lì nella mia mente, lasciare che la mia fantasia vaghi e articolare una storia che mi sembri interessante.

Un paio di anni fa, per introdurre la tua musica, scegliesti una poesia dello scrittore svedese Walter Ljungquist; cito la tua citazione: “Prendi il destino dell’essere umano, una linea sottile e patetica che racchiude in un cerchio un silenzio infinito e ignoto. È proprio in questo silenzio, in un centro sconosciuto e solo immaginato, che nascono le leggende. Ahimè! Ecco perché non ci sono leggende nel nostro tempo. Il nostro tempo è un tempo deprivato di silenzio e segreti; in loro assenza, non ci sono leggende”. La trovo molto calzante nel descrivere lo stato attuale del panorama musicale, ma probabilmente senza silenzio né segreti oggigiorno non nascerebbero leggende neppure attorno a un posto magico come Bomarzo…

Bomarzo è e sarà per sempre un mistero, anche se io o altri artisti lo mettiamo in luce, anche se un giorno diventasse una famosa attrazione commerciale. Come ho detto prima, il suo simbolismo è arcano, ed è difficile capire perché esista e quale sia il suo significato. Si potrebbe anche dire che il Sacro Bosco sia il luogo dentro quella sottile linea patetica che racchiude in un cerchio un silenzio infinito e ignoto, un centro sconosciuto e solo immaginato. Mettiti al centro di quel cerchio e diventerai parte del mito.

Hai mai riflettuto sulla tua percezione dell’essere una musicista in questa epoca?

Per quanto riguarda il fatto che io sia una musicista, l’unica cosa di cui posso fare tesoro e proteggere dal pubblico è la mia integrità e immagine. Anch’io sono un segreto, per me stessa e per gli altri, e ci sono cose nel profondo di me ancora da scoprire, e l’unico modo per me di raggiungere i miei segreti è mantenere viva la curiosità essendo creativa. La mia arte è un processo ed è imperfetto, e va bene perché devo presentare le mie scoperte per andare avanti.

Secondo te, quali sono gli artisti che in qualche maniera in tempi recenti sono riusciti a diventare delle icone, o quantomeno a preservare del mistero nell’era dei social media?

Sono un po’ cinica quindi è dura per me pensare agli artisti come a delle leggende. Tutti si costruiscono un’immagine e lo fanno per finalità artistiche o commerciali. Per cui quello che cerco è autenticità e una sorta di messaggio di ispirazione. Mi piacciono gli artisti che preservano la loro integrità e danno l’impressione di essere immortali. Alcuni esempi sono Naoko Sakata, Pharmakon, Silvana Imam e di nuovo Pauline Anna Ström.

Il 2020 è stato un anno a dir poco “strano”, ma sei riuscita a pubblicare due dischi, All Thoughts Fly e l’album omonimo con la band drone-noise BADA. Come si svilupperanno i tuoi progetti nei prossimi mesi?

Sto creando un’installazione/esperienza ottofonica di All Thoughts Fly, con Filip Leyman e Gusten Aldenklint, che porterò dal vivo il prossimo anno per il mio primo tour d’organo da solista. Ho anche iniziato a lavorare su quello che potrebbe essere il mio prossimo album. C’è meno tempo per suonare dal vivo ma c’è più tempo per comporre.