AMBASSADOR HAZY, The Traveler

Ambassador Hazy è il moniker di Sterling DeWeese (Heavy Hands, Dirty Rainbow, Terrapin Gun, Madison Electric, Black Fantastic), qui alla seconda prova dopo Glacial Erratics, esordio autoprodotto dell’agosto 2020. The Traveler s’inoltra in territori psych-pop alla maniera di Brian Jonestown Massacre, Dandy Warhols, Warlocks e gran parte di ciò che sta sotto la definizione di “neo-psichedelia” da trent’anni a questa parte. L’assalto lisergico della coppia iniziale “Modes Of Transportation” e “Simple Thing” si placa subito nel folk-rock pastelloso di “Here Nor There, All We Wanted” e nel mellotron malinconico di “Gone To My Head”. La fumosa “Take The Sour With The Sweet” fa perdere le speranze di sentire il volume alzarsi di nuovo e conviene perciò rilassarsi con la spacemen3iana “Same Old Ways” (altezza outtake di The Perfect Prescription) e la tenue psichedelia di “Afterglow”, finché “Don’t Smash It To Pieces” pare riaccendere il garage-rock caciarone dell’inizio, anche se è troppo tardi e arriva “The Last Hurrah” a sigillare l’album con l’ultima ballata in odor di Anton Newcombe. Insomma, le coordinate sono queste: musica derivativa, fiera di esserlo, senza troppe pretese se non quella di essere la colonna sonora di un drug party, con precisi riferimenti culturali e sociali. Sta all’ascoltatore decidere se è un pregio oppure un difetto.