ALVIN CURRAN, Natural History

Arrivato in Italia a metà degli anni Sessanta, Alvin Curran si stabilisce a Roma, dove si divide fra i locali di Via Veneto, in cui suona il pianoforte per guadagnarsi da vivere, e il Beat 72, culla delle esperienze musicali e teatrali più radicali dell’epoca. Nel 1966 fonda assieme a Frederic Rzewski e Richard Teitelbaum, anche loro americani, il collettivo Musica Elettronica Viva, il cui progetto musicale combina istanze cage-ane e bruitismo, attingendo nel contempo a piene mani da esperienze come Living Theatre e Fluxus: non è azzardato dire che MEV anticipi alcune fra le forme di noise più estremo che ascolteremo negli anni a venire. Accantonata per un po’ quest’esperienza anarco-collettivista (i tre fondatori continueranno comunque a riunirsi periodicamente nel corso degli anni), Curran fonda l’etichetta Ananda assieme a Roberto Laneri e a quello che può essere considerato come il padre nobile delle avanguardie romane, Giacinto Scelsi. Ananda nei suoi cinque anni di esistenza pubblica solo cinque dischi: i due di Scelsi in compagnia della cantante giapponese Michiko Hirayama, quello del gruppo vocale di Laneri, i Prima Materia (riproposto recentemente su vinile da Die Schachtel in abbinamento a una registrazione dal vivo del 1974), e i primi due lavori solisti di Curran. Se la musica di Curran assieme a Rzewski e Teitelbaum assumeva i contorni di una sorta di espressionismo sonoro, i lavori in solitaria sono al contrario improntati al ripiegamento su se stesso: potremmo definirli impressionisti per la loro capacità di pescare nell’intimità del musicista, dando vita a quadri straordinariamente poetici.

Meno conosciuto e celebrato rispetto ai primi album solisti (il trittico rappresentato da Canti E Vedute Del Giardino Magnetico, Fiori Chiari Fiori Oscuri e Canti Illuminati) Natural History viene pubblicato per la prima volta su nastro nel 1983 da una minuscola etichetta, Edition Giannozzo, operante all’interno di un’associazione culturale berlinese: appare singolare come l’album sia stato ristampato l’anno appena passato ben due volte, da Black Truffle e contemporaneamente su cassetta da una piccola etichetta giapponese, e come invece nessuno in tempi recenti abbia provveduto a rimettere in circolazione i titoli più famosi di questo artista. Il disco è diviso in due lunghe tracce sviluppate secondo la consueta tecnica compositiva di Curran, che mette insieme strumenti veri e propri (synth, shofar, kalimba, pianoforte opportunamente scordato), utilizzati in chiave minimalista, e registrazioni ambientali, in un dialogo basato talora sulla sovrapposizione, talora sull’accostamento, spesso brutale. Nelle vedute offerte dal compositore statunitense – scorci di quotidianità, più che altro paesaggi abbondantemente antropizzati – trovano posto, in un elenco sommario e lungi dall’essere esaustivo, mortaretti, tonfi, un rumore di passi, uno sgocciolio, il ronzare di un moscone, cinguettii, gemiti di passione, latrati, vociare, una donna che canticchia “La Bambola” di Patty Pravo: il tentativo è quello di organizzare il caos e tirare fuori la musicalità da tutto quello che ci circonda. Curran regala attraverso le proprie composizioni (e forse ancor più con queste rispetto agli altri lavori più celebrati) il proprio sguardo, offrendo prospettive sempre diverse, sempre mutevoli all’ascoltatore curioso.

Tracklist

01. Natural History Part 1
02. Natural History Part 2