Alter- Vol. 2 dei Viatorism: alter-moderno e vagabondaggio

In occasione della Tate Triennial del 2009, Nicolas Bourriaud coniò il concetto di altermodern per descrivere i radicali cambiamenti che stavano portando all’emergere di una differente concezione culturale di modernità. Questo termine nasceva, in primo luogo, come risposta allo svuotamento di senso del paradigma postmoderno. Per il critico francese, infatti, gli assunti su cui si fonda il postmoderno – ossia la decostruzione e il relativismo, come fine delle grandi narrazioni – si rivelano inadatti ad affrontare il mondo contemporaneo. Da una parte, in quanto strumenti analitici, falliscono nel descrivere le cruciali trasformazioni economiche, sociali e politiche in corso. Dall’altra, e proprio in conseguenza di questo fatto, risultano inefficaci nel contrastare il diffondersi globale dei tradizionalismi e della destra radicale. La consapevolezza di questo duplice deficit rivela la funzione principale dell’altermodern, ossia quella di osservare, mappare e contribuire ai processi di ricomposizione del moderno in corso. Tali operazioni non possono che nascere come effetti di una “discussione tra agenti di differenti culture” e da un “movimento planetario di creolizzazione” in grado di indicare una via di fuga dai presupposti coloniali che gravano sulla nascita del paradigma moderno. Come sottolinea Bourriaud, il tratto principale di questa nuova, alternativa modernità è il movimento, il vagabondaggio, inteso non solo tra luoghi fisicamente distanti, ma anche tra medium eterogenei e periodi storici disgiunti:

L’Altermodern art viene quindi letta come un ipertesto: gli artisti traducono e transcodificano l’informazione da un formato all’altro, e si muovono nella geografia quanto nella storia. Danno vita a delle pratiche che potrebbero essere definite “time-specific” in risposta ai lavori “site-specific” degli anni Sessanta. Linee di volo, programmi di traduzione e catene di elementi eterogenei si articolano l’uno con l’altro. Il nostro universo diviene un territorio in cui tutte le dimensioni possono essere percorse sia nel tempo che nello spazio (Bourriaud 2009, trad. it. nostra).

È a partire dal nomadismo, dallo spostamento perpetuo, che si sviluppa la sperimentazione sonora di Viatorism, progetto che unisce i produttori canadesi Automatisme (William Jourdain) e Pheek (Jean-Patrice Rémillard). Alter- Vol. 2, uscito per la serie Ultrablack dell’etichetta tedesca Mille Plateaux, prosegue i risultati musicali e teoretici del precedente Alter-, realizzato dal solo Automatisme. Nel primo lavoro il concetto di Altermodern è utilizzato per suddividere l’album in due poli contrari, denominati Alter-Rate e Alter-Scape. Nei pezzi che compongono il primo lato (Alter-Rate) l’idea di movimento risulta dalle continue dislocazioni temporali a cui sono sottoposti i beat. Al contrario, le tracce ambient raggruppate come Alter-Scape, suscitano una sensazione di immobilità, creando dei territori auditivi nei quali il tempo viene a tal punto rallentato da sembrare fermo. Il dialogo che si stabilisce tra queste prospettive presenta una fotografia della contemporaneità ben catturata dal concetto di altermodern, dal momento in cui, come spiega lo stesso Automatisme, alla saturazione globale di spazi risponde un frenetico movimento temporale.

Fin dai primi secondi di Alter- Vol. 2 è evidente che questa suddivisione binaria è superata, perché qui le due visioni si intrecciano incessantemente. Questo mutamento non deriva solo dal contributo portato da Pheek al progetto iniziale, ma è, in un certo senso, il risultato di un approfondimento degli assunti che muovevano il primo lavoro. Nel secondo volume le sonorità ambient descrivono lo spazio all’interno del quale prendono forma le distorsioni sul ritmo e sul tempo, funzionando da contenitore per le sperimentazioni.

Questa peculiarità, tuttavia, ha come effetto indiretto quello di creare un prodotto musicale frammentario. I singoli pezzi sembrano infatti svolgere il ruolo di spazi serrati e autonomi nei quali si articolano specifiche alterazioni del suono. L’impressione che ne deriva è quella di trovarsi di fronte a delle stanze non comunicanti, nelle quali le sperimentazioni vengono confinate in territori dai bordi ben definiti. In un certo senso, l’attenzione per i mutamenti dei ritmi nelle singole tracce è perseguita al punto tale da alimentare, per contrapposizione, la sensazione di ripetizione derivante dal continuo alternarsi di nuovi ambienti. Come suggerisce il nome stesso del progetto, una mediazione fra questi aspetti opposti può essere riscontrata facendo leva sulla fedeltà alla variazione e al movimento che connota l’intero album. Quest’ultima, nel suo tratteggiare una struttura concettuale sotterranea, fornisce gli strumenti adatti a costruire dei possibili collegamenti fra le differenti isole ritmiche che compongono Alter- Vol. 2:

Viator è il termine latino da cui derivano viaggio e viaggiatore. […] Bourriaud afferma che la “viatorizzazione” crea degli insiemi di idee e produzioni, o dei punti in una linea continua, mostrando agli artisti come navigare tra i segni, spesso sotto forma di ipertesti – un segno punta a un altro, il quale, a sua volta, rimanda a un altro ancora, e così via. L’Ultrablack music è una sorta di viatorizzazione applicata alla musica elettronica. Esiste come network nel quale il suono è dislocato, “viatorizzato” in circuiti, presentando il lavoro artistico nella forma di un sistema dinamico (Jourdain 2020, trad. it. nostra).

Bibliografia:

Bourriaud, N. (2009). “Altermodern explained: manifesto” (link)

Jourdain, W. (2020). “Viatorism – Alter- Vol. 2” (link)