ALPHAXONE, Altered Dimensions

Alphaxone

Dopo Porya Hatami, un altro iraniano finisce per essere recensito da noi, e fa pure lui ambient… Mehdi Saleh, dietro la sigla Alphaxone, è su Cryo Chamber, l’etichetta fondata da Simon Heath, cioè Atrium Carceri, che da sempre guarda alle culture non occidentali e che è conosciuto per il taglio professionale e “cinematografico” dei suoi lavori. Nel caso di Alphaxone, quasi paradossalmente, non ci sono suggestioni “etniche”, ma in compenso è palese quella pulizia sonora che caratterizza le produzioni di Heath, racchiusa da un artwork parimenti patinato e in qualche modo universale (le porte della percezione?), tanto che questo lavoro, con tutti i pregi e i difetti che ciò comporta, potrebbe essere quasi considerato una specie di library music dark ambient. Eccettuati un paio di frangenti durante i quali dei micro-battiti agitano la scena, siamo di fronte all’abituale scavo in profondità, arricchito da campionamenti e scie di sintetizzatori che lasciano credere di esplorare zone sconosciute di qualche altrettanto sconosciuto pianeta simile alla Terra. Che una figura isolata – rispetto a quello che noi crediamo essere l’epicentro di determinate musiche – riesca a produrre materiale così levigato (nella media e non oltre, non fraintendete) dovrebbe soprattutto far riflettere il milionesimo copione che ci prova in Europa.