ACCHIAPPASHPIRT, GeneratA

Appropriarsi di qualcosa per cambiargli funzione è un processo quanto mai diffuso nell’arte. A questo giro gli Acchiappashpirt hanno ricontestualizzato l’autotune, inserendolo in un progetto di poesia sonora dalla vocazione fortemente sperimentale (il disco è presentato come esperimento di “trap sound poetry”). 

Basi minimali, svariati rumori e fruscii accompagnano la voce modificata della poetessa Jonida Prifti, velata di tristezza e alimentata a rabbia. I primi tre pezzi sono in albanese, gli altri tre in italiano. L’Albania è anche al centro della narrazione, l’ispirazione infatti viene da una mostra del fotografo Julius Eb (autore della copertina), intitolata “Generata A”. L’artista si è interrogato sui giovani albanesi nati dopo il crollo del regime comunista, sulla loro vita in bilico tra il vuoto di qualcosa che è scomparso e una ricostruzione all’insegna di valori consumistici e urbanizzazione selvaggia. Il duo ha rielaborato e ampliato il tema: nei testi in italiano si parla di colonizzazione (“sei arrivato per farti forte delle debolezze altrui, vuoi portare uno schiacciasassi che poi fabbrichiamo noi”) ma anche di rivalsa, “perché così va il mondo”. Tra le ripetizioni ossessive e le declamazioni emerge proprio quel vuoto, che risuona tra la fredda musica lo-fi e le parole scandite, anche se non manca una vena ironica e nonsense.

Il disco risulta coeso e coerente, più che in passato. Gli Acchiappashpirt infatti esistono dal 2008 (voce e parole di Jonida, musiche di Stefano di Trapani) e il loro è un lavoro di ricerca, si cimentano ogni volta in nuove sfide. GeneratA è comunque un album accessibile, naturalmente non deve mancare un certo gusto per il rumorismo e il parossismo, come richiede tutto ciò che è “avant”, ma qui il duo ha trovato un buon equilibrio tra forma e sperimentazione, e i pezzi dove si lascia più andare (vedi la lunga “Artigli”, 16 minuti) sono anche i più coinvolgenti.