ABYSMAL GRIEF

Abysmal Grief

Vi abbiamo parlato più di una volta degli Abysmal Grief, sia in sede di recensione, sia in alcuni live report. Sono uno di quei nomi che, traendo ispirazione dai maestri del nostro dark sound come Death SS, Paul Chain e The Black, hanno sviluppato una versione personale del genere fino a divenirne un indiscutibile nome di riferimento, non solo grazie a una proposta musicale (canzoni spesso lunghe, solenni e messianiche, cantato che spazia dallo screaming black metal a pulito in stile darkwave, parti di organo in primo piano che relegano la chitarra alla parte ritmica) di alto livello, ma anche per via di un’immagine cimiteriale ed orrorifica, che grazie ad una scenografia imponente riesce a essere lugubre e teatrale. Se per buona parte della loro carriera (iniziata nel 1996) hanno riscontrato diversi problemi sul versante live, negli ultimi tempi hanno fatto diversi tour in tutt’Europa, come quello di questo 2018 che li ha visti suonare in tutto il Continente per la promozione dell’ultimo disco Blasphema Secta. Abbiamo fatto qualche domanda al chitarrista e mastermind della band, Regen Graves, che porta avanti questo progetto da più di vent’anni con assoluta dedizione.

Quest’anno ha visto l’uscita del vostro ultimo album, Blasphema Secta. Quanto tempo avete impiegato a comporre e registrare il materiale?

Regen Graves (chitarra): In genere cerchiamo di non far passare mai più di un anno dal momento della prima composizione a quello del prodotto finito, dato che ritengo che un album debba essere qualcosa di estremamente estemporaneo, almeno per quanto riguarda il mood e lo stile generale dell’opera. È stato così anche per Blasphema Secta.

Il vostro concept è sempre stato legato alla Morte. Come si è evoluto nel corso dei vostri 22 anni di attività? Ci sono dei libri che ti hanno aiutato o ispirato per scrivere i vostri testi?

All’inizio sì, soprattutto libri legati allo spiritismo puro o alla necromanzia, senza escludere i classici racconti horror, dei quali è intrisa la grande maggioranza dei miei testi iniziali. Ma negli ultimi anni ho preferito abbandonare certi riferimenti e dedicarmi in maniera più approfondita alle mie esperienze e alle “mie” teorie, e ciò mi ha permesso di muovermi con un po’ più di libertà all’interno del nostro concept esoterico.

Le parti di tastiera/organo sono una componente chiave per il sound degli Abysmal Grief. Mentre molti gruppi le usano solo per creare atmosfera, nel vostro suono sono un elemento melodico fondamentale. Ci sono dei compositori classici che vi influenzano per la scrittura di quelle parti? Non sono un grande esperto in materia, il primo nome che mi viene è Bach.

Dovresti chiedere a Labes quali sono le sue influenze musicali e su quali compositori si è formato, ma ti posso dire che per noi anche Frizzi o Simonetti possono considerarsi ormai compositori “classici”, senza andare troppo a ritroso nel tempo…

Negli ultimi tempi suonate molto dal vivo e siete apprezzati in tutt’Europa. Nei primi anni della vostra storia c’è stato un periodo molto lungo nel quale non vi siete esibiti dal vivo (dal 1999 al 2004): è stata una scelta voluta?

Inizialmente sì, poiché ho sempre considerato gli Abysmal Grief più un gruppo da studio che da live (e in parte la penso ancora così, dato che non mi è mai piaciuto trovarmi su un palco al centro dell’attenzione, né allora né oggi), ma dopo le prime uscite ci fu chiesto di esibirci e da lì è nata la nostra scenografia e tutto il resto. Purtroppo non abbiamo potuto mai intraprendere un’attività live continuativa per la mancanza di batteristi adeguati al genere (ne ho licenziati quasi una decina in questi 20 anni) e perché per muoverci con tutta la nostra roba necessitavamo per forza di un paio di persone che lavorassero per noi, e questo alzava troppo i costi per un gruppo praticamente sconosciuto come il nostro. Le cose hanno cominciato a girare un po’ meglio dopo i primi due o tre album, e ora si sono assestate.

Rimanendo sul tema: la vostra scenografia è una componente essenziale delle vostre esibizioni, nel tempo avete anche inserito dei nuovi elementi (vedi le statue delle madonne che piangono sangue). Com’era all’inizio e come si è evoluta nel corso del tempo?

All’inizio giravamo con croci fatte da noi e un bel po’ di roba presa “in prestito” dai nostri luoghi preferiti, cercando di cambiare sempre qualcosa a seconda del mood del disco che stavamo promuovendo. Ma onestamente non mi piace stravolgere troppo la nostra ambientazione, credo sia estremamente confortevole così e in futuro non prevedo grosse novità.

Cosa puoi dirci riguardo al Chrismon Studio? Molto del vostro materiale è stato registrato lì.

Il Chrismon Studio è il mio studio personale dal 2006, anno in cui decisi di non lasciare più che nessun fonico mettesse le mani sulle nostre canzoni. Non sono mai stato un patito della pulizia a livello sonoro, né delle produzioni troppo curate (provenendo dal punk) quindi mi ero stufato di pagare migliaia di euro per lavori che non mi rappresentavano al 100%. Mettendoci “in proprio”, abbiamo ottenuto il “nostro” sound, che non è assolutamente competitivo con quello di tantissime band di livello anche inferiore al nostro, ma che è diventato abbastanza personale da permetterci di essere riconoscibili. Al Chrismon Studio sono stati registrati anche gli ultimi lavori di Tony Tears e del mio progetto solista.

Il dark sound è un genere che non potrebbe che essere nato se non in Italia, per la nostra tradizione cattolica e per molte cose ad essa collegata (rituali, processioni ed ossari). Sei d’accordo?

Assolutamente sì, e posso dirti anche che non sempre il nostro concept e il nostro stile viene capito all’estero, proprio perché più ci si sposta verso Nord e meno la gente risente di questo cancro che è la religione cattolica, la superstizione, e la paura della Morte. Per esempio in Norvegia o in Svezia molti di quelli che accorrono ai nostri concerti per la prima volta non sanno bene se prenderci seriamente o considerarci dei pagliacci, a volte lo leggo nei loro occhi mentre stiamo suonando. Onestamente li invidio.

Come vivete il fatto di venire etichettati come gruppo doom, quando in realtà il vostro sound non lo è?

Sì, in effetti è un’etichetta che ci sta un po’ stretta, ma probabilmente è nata in un periodo in cui il doom stava entrando nel suo periodo di massimo splendore ed era più facile catalogarci così. Comunque è innegabile che ci sia del doom nelle nostre canzoni, dato che è un genere che ascoltiamo e che abbiamo ascoltato per anni. Non sono uno a cui stanno sul cazzo le etichette, anzi, solo mi piacerebbe essere etichettato con un po’ più di attenzione e meno approssimazione.

Ci sono alcuni cimiteri (monumentali e non) che ti affascinano più di altri e che hai visitato più volte?

Sì, tutti i cimiteri di quei paesini del basso Piemonte in cui ho fatto le mie prime esperienze da adolescente, e in cui ritorno con piacere ancora adesso a godermi la solitudine e il silenzio.

Dal 2014 stai suonando anche con Tony Tears (che è stato membro degli Abysmal Grief in passato) e quest’anno è uscito l’ultimo disco Demons Crawl At Your Side. Cos’altro avete in programma per il futuro?

Ti ringrazio per la domanda, poiché mi offre l’occasione per fare un po’ di promozione al prossimo 12” di Tony Tears in uscita nei prossimi mesi su Bloodrock Rec., che si chiamerà “30th Anniversary E.P.” e che, come dice il titolo, celebra i 30 anni di attività (nell’ombra) di questo genio del Dark Sound italiano, su cui mi sono occupato sia delle parti di basso che dell’intera produzione.