AA.VV., Spheres

Questa volta tocca fare un po’ di presentazioni, dato che l’etichetta è nuova e ha origini un po’ insolite per noi. Split Music sembra essere una società simile alla Multiverse di James Ginzburg degli Emptyset, nel senso che piazza la musica degli artisti che segue al cinema e nella pubblicità. Per fare un esempio con qualcuno che conosciamo, la musica di Mondkopf è stata utilizzata per questo spot Adidas grazie al lavoro di Split Music.

Per fare un altro esempio con progetti dei quali ci siamo occupati, i These Hidden Hands sono nel trailer di un film disturbante come “Raw” (hanno vinto pure un premio, perché pare che ci siano anche i premi per i trailer nel mondo come ci sono i premi per i film, e la cosa ha molto senso, vista la loro importanza commerciale).

L’etichetta Research sembra una sorta di vetrina per Split Music, per quanto si tratti di una signora vetrina, con dietro tutto un lavoro concettuale: questa prima compilation coinvolge una serie di nomi e commissiona loro delle tracce che non siano da club, nonostante molti di questi col mondo della musica da ballo abbiano più di qualche contatto; il tema è la fantascienza, nello specifico le distopie (ancora più nello specifico, mi par di capire, delle rappresentazioni estremizzate della nostra contemporaneità e dei suoi aspetti più alienanti). In realtà, dunque, considerando gli ambiti in cui si muove Split Music, tutta roba che – sperimentale o meno – potrebbe esserle tranquillamente utile per qualche trattativa commerciale con le produzioni cinematografiche per le quali lavora. A corredo del tutto, una copertina che utilizza le “Primal Forms” di Timothy Cresswell, a dimostrazione della volontà di dare il più possibile un’aura intellettuale (e interdisciplinare) a Research.

Non resta a questo punto che fare una banale track by track, sottolineando che la selezione di brani ha in effetti una notevole coerenza a livello di atmosfere. Si comincia con “Radon” dei These Hidden Hands, tiro industrial à la NIN, tanto che pare già pronta per un prossimo “Matrix”, si prosegue con “The Runaway” di Mondkopf, una roba che sembra il tema di “Visitors”, poi tocca al misterioso dj SNTS, che con “Dunkelheit” e il suo andamento tribale ci porta su territori più horror (c’è un crescendo di tensione e un’esplosione finale alla quale manca davvero solo la voce impostata che annuncia titolo e data di uscita del film), seguono le stelle nascenti Oake con una quasi scorniana “Blemmyae” (quasi ho detto, alla fine siamo su territori dopo-dubstep), finché non tocca a Headless Horseman, altro dj mascherato che qui si ferma giusto un attimo prima del dancefloor, e a Grebenstein, tedesco sotto Downwards, con una traccia che somiglia a qualcosa dei Pact Infernal se i Pact Infernal fossero glitch o idm.

Di sicuro ogni pezzo qui presente mette curiosità sul resto della discografia di chi lo ha creato, il che mi pare voglia dire che la missione è compiuta. Si tratta di artisti poco o per nulla conosciuti dal grande pubblico: trovare qualcuno che venda i tuoi pezzi alla pubblicità o a qualche casa cinematografica è una mossa che si accorda a un’etica “indipendente” o no? O bisogna vedere caso per caso?