AA.VV., Sky Music: A Tribute To Terje Rypdal

Terje Rypdal è probabilmente quanto di più vicino a una leggenda vivente esista nella scena musicale norvegese. Nato ad Oslo nel 1947, era una star già nell’adolescenza col suo gruppo pop-rock The Vanguards. Nel 1970, in quartetto con Jan Garbarek, Arild Andersen e Jon Christensen incise African Pepperbird, il settimo album del catalogo ECM. All’epoca, il chitarrista e compositore era anche immerso nell’arte di suoi contemporanei come Ligeti e Penderecki e scrisse diverse sinfonie e lavori orchestrali.

Sky Music è un’umile e sentita celebrazione di un artista che ha ispirato tanti, di un chitarrista davvero unico che non ha ricevuto quanto dovutogli.  È inltre il riconoscimento meritato per i suoi oltre cinquant’anni di musica. Pungolati dal fan di vecchia data Henry Kaiser (*), i tipi della Rune Grammofon hanno messo insieme una superband con Ståle Storløkken (Elephant9, Supersilent), il bassista Ingebrigt Håker Flaten (Scorch Trio, The Thing), il batterista Gard Nilssen (Bushman’s Revenge), i chitarristi Even Hermansen (Bushman´s Revenge) ed Hedvig Mollestad, il chitarrista finlandese Raoul Björkenheim (Scorch Trio, The Box, i grandissimi Krakatau, su ECM una vita fa), lo svedese Reine Fiske (Dungen e pure Motorpsycho nell’assetto live di qualche tour fa). Kaiser ha inoltre suonato e prodotto, mentre Hans Magnus Ryan (cioè Snah dei Motorpsycho) ha aggiunto il suo contributo così come Re Mida Jim O’Rourke ha detto la sua dal proprio rifugio a Tokyo. Bill Frisell, Nels Cline e David Torn hanno fornito le loro interpretazioni in solo, Cline in particolare con l’aiuto del violoncellista Erik Friedlander. Sky Music non è altro che il loro regalo di compleanno per il settantesimo di Terje Rypdal.

Nove tracce (e sono tutte cover dallo sterminato repertorio del musicista di Oslo) per quasi ottanta minuti di musica, che spaziano dalle delicate pennellate di Bill Frisell in apertura solista (“Ørnen”) al jazz rock progressivo di “Over Birkerot / Silver Bird Heads For The Sun”, cosmica ed esplorativa sin dal titolo, con ben cinque (!) chitarristi coinvolti. “Chaser” non trova sempre ciò che cerca, tra ipnosi e droga acustica ed enfasi e pompa rock che non la fanno suonare troppo dissimile dagli ultimi Motorpsycho, in certi frangenti affetti da gigantismo hard & heavy. Molto meglio il numero in duo di Cline (mondialmente noto come chitarrista di Wilco, ma da tantissimi anni pienamente addentro alle vicende della contemporaneità jazz) con Erik Friedlander, esplicativo già dal titolo: “What Comes After” è un haiku artico, lunghe campiture, colori boreali, spazi larghi, a metà tra un deserto tutto interiore e rigorose ansie da classica novecentesca: spettacolo garantito. Si spinge nuovamente sul pedale modale del jazz rock con “Warning: Electric Guitars”, guidata da un incisivo ostinato di basso e capace di bei momenti, pieni e trascinanti ma non troppo troppo, perché in certi casi il senso della misura è sacro e santo. Più psichedelico e slabbrato, ed è un pregio, il medley “Tough Enough / Rolling Stone / Tough Enough”, interrogativo e inquietante al punto giusto (andrebbe ascoltato al buio, ad altissimo volume), mentre David Torn ci regala l’ammaliante carillon marziano di “Avskjed”, un gioiello di glitch-jazz, se questa definizione può avere un senso, tra balbuzie, ruggine e spleen siderale. Notevoli anche i panorami sorvolati da Storløkken in solo con le sue tastiere in “Dream Song / Into The Wilderness / Out Of This World”, aliene come i suoi Supersilent (per chi scrive una delle migliori band degli ultimi vent’anni, senza il minimo dubbio) e perfette per una colonna sonora alternativa di una qualche visione herzoghiana, tra fantasmi, sottilissimi drone che promettono e minacciano e addirittura qualche reminiscenza dei Talk Talk del crepuscolo. Il suono di un inizio, fragile, vivo, devoto e febbrile. Bellissimo. “Sunrise” chiude come meglio non si potrebbe questa cornucopia di cinema per l’udito, con sua maestà Jim O’Rourke a pedal steel, guitar synth, chitarra acustica, synth e contrabbasso, tra jazz rock , improvvisazione e minimalismo (il finale è memore del dolente glitch blues di I’m Happy And I’m Singing And A 1.2,3,4, su Mego, ma capace di virare quella ipnosi dolente in canto di sirena).

Un tributo non calligrafico, ma pieno di possibilità e di nuovi punti di partenza. Sky’s The Limit era il titolo di un album dei Temptations del 1971. Questo disco offre nove modi per viaggiare da fermo guardando in alto e non ha effetti collaterali, se non la voglia istantanea di premere di nuovo play una volta giunti alla fine. Consigliatissimo.

* già al centro del progetto Yo Miles!, un fiammeggiante omaggio a Davis in vari capitoli, approdato anche su Cuneiform assieme a Wadada Leo Smith e a una nutrita all-star band, musicista e cameraman subacqueo per Wild Blue Yonder di Werner Herzog, un personaggio davvero fuori dagli schemi. Come si usa dire in America, larger than life.

Tracklist

01. Ørnen
02. Over Birkerot/Silver Bird Heads For The Sun
03. Chaser
04. What Comes After
05. Warning: Electric Guitars
06. Though Enough/Rolling Stone/Tough Enough
07. Avskjed
08. Dream Song/Into The Wilderness/Out Of This World 09. Sunrise