A B I T A T, Cantare Come La Prima Volta, Urlare Come Se Fosse Vita

Non farsi prendere dallo sconforto quando si è pienamente coscienti di essere attorniati da macerie è un bello sforzo. Trovare in tutto questo lo spunto per un basilare accenno di reazione lo è ancora di più. Probabilmente è questo il motore che anima questo nuovo tassello del sobillante sottobosco delle autoproduzioni qualcosa-core pugliese. Il duo chitarra/batteria tarantino è autore di uno screamo abbastanza conciso che fa largo uso di espansioni post-rock e compressioni noise, situandosi in un punto imprecisato comune a Envy, Laquiete e in parte Crash Of Rhinos, giusto per fare qualche nome, evitando però eccessivi slanci emo/zionali. Il sound è teso, costruito con poche note di chitarra e sostenuto da una batteria nervosa e incessante. Un impeto frustrato che attraversa l’inquietudine amara delle brevi ma frequenti aperture e rarefazioni, mettendo in scena quella sorta di dialettica – accennata all’inizio – tra un generale sentimento di sconfitta (tema ricorrente nel genere di riferimento della band) e un istintivo quanto necessario moto di ribellione.

Quello degli Abitat è un esordio che non nasconde una forte aderenza a un canone ampiamente sviscerato in questi anni in ambito post-hc, ma rimane un piccolo disco lucido ed autentico, perfetto viatico per farsi coraggio e cercare di attraversare questi tempi incerti.