VOID 00

VOID 00

Esce in collaborazione con due label da sempre nel nostro mirino, cioè Shove e Dio Drone, il debutto dei Void 00, formazione marchigiana che miscela ingredienti diversi per ottenere un suono denso e dal mood oscuro, a cavallo tra doom e postcore. La proposta della band ci ha incuriosito e abbiamo pensato valesse la pena farci raccontare qualcosa in più sul loro approccio e sulla formula che amano definire voodoo core.

Ciao, una breve presentazione di rito della band, i famosi quando, come e perché…

Marco (chitarra): Iniziamo con il quando: nella torrida estate del 2008, dopo aver concluso un’altra esperienza con un precedente progetto, per abbattere il senso di apatia mescolato a noia che raggiungeva l’apice in un periodo dove la desolazione provinciale estiva di una cittadina dell’entroterra marchigiano, adagiata su di una valle in pieno agosto, si tramutava nell’immagine della solitudine hopperiana…

Ale (basso): Tra hardcore, ambient e malessere generale.

Mattia (batteria): Tra il blues statunitense più nero e maledetto dei primi 40 del ‘900 e il prog soprattutto quello italiano degli anni Settanta.

Ciro (voce): Provengo da esperienze nel metal estremo (death e doom), ma ho anche un amore per il dark e l’hardcore, comunque da musiche con sentimenti oscuri e impegnativi.

Marco: I membri del progetto vengono tutti dalla provincia di Ancona, il background della mia cittadina (Jesi) è stato sempre abbastanza complesso e tendente ad un certo tipo di sound derivato dal noise; ci siamo incontrati in situazioni diverse, in tempi differenti ma con la voglia e lo stimolo di sperimentare un approccio nuovo a quello che avevamo provato a creare fino a quel momento.

Il nome richiama alla mente il quasi omonimo disco dei Sunn O))), che a loro volta omaggiavano i Void di Washington DC, solo una coincidenza o un doppio tributo voluto?

Marco: Allora sì, il nome è in parte un richiamo all’omonimo disco dei Sunn O))), l’idea era quella di omaggiare il lato live della band, che avevo assimilato durante un concerto al Bronson, con gruppo spalla gli Earth, come un’esperienza talmente estrema che ancora oggi, a distanza di anni, mi lascia incredulo per la violenza scagliata sul pubblico e l’effetto “terremoto” che si propagò per tutta la sala quella sera.
L’altro motivo era quello di richiamare l’approccio musicale con il quale stavamo suonando per costruire i brani e il senso di malessere condiviso tra di noi.

La vostra musica unisce vari input e linguaggi, il che vale anche per le vocals, per cui sarebbe interessante comprendere come decidete cosa incorporare e cosa lasciare fuori al momento di comporre un brano. C’è qualche elemento che non può mancare e al contrario qualche cosa che proprio non potrebbe mai entrare in una vostra composizione?

Marco: Generalmente parte tutto dall’improvvisazione e poi successivamente andiamo a costruire e a comporre le varie parti senza rispettare quasi mai schemi logici.
Spesso i pezzi sono il risultato di numerose jam, in seguito riadattate alla costruzione di una struttura abbastanza schizofrenica, che lasciano però spazio a taglienti e malinconiche parti strumentali scandite nei brani.

Ale: Quando la sommatoria tra strumenti e voce raggiunge un buon punto di catarsi, eleviamo a potenza e il risultato è quello che poi si sente nell’album. abbiamo provato a dividere per 0 una volta, ma son saltati gli ampli.

L’artwork del vinile lascia parlare le immagini ma non svela molto a livello di testi: da cosa nasce questa decisione?

Marco: L’artwork del disco lo abbiamo deciso insieme all’artista che ha creato le quattro illustrazioni, che riconducono in qualche modo ai brani.
Si è cercato di trovare degli elementi che simboleggiassero il “male“ in svariate forme; in più ci piaceva l’idea di non dover per forza mostrare troppo di noi nel packaging, ma che restasse più un’idea del progetto e ci presentasse come un unica entità.

Ciro: I testi partono da sentimenti e sensazioni vissute nella vita reale, ma descritti con allegorie esoteriche e da metafore emozionali. L’aspetto più importante non è il capire, ma il sentire il testo e le vibrazioni che dà, in una ricerca di catarsi anche inconscia.

Il suono è molto dinamico e caldo, direi quasi live, il che appare perfetto per un vinile e riporta a un approccio per un lungo periodo dimenticato a favore di un’attenzione maniacale per la perfezione formale e per la potenza del digitale. Quanto conta per i Void 00 la scelta dei giusti suoni e del giusto mood all’interno dei brani? Chi si occupa di questi aspetti nella band?

Marco: L’approccio live alla registrazione e la ricerca di suoni che potessero dare libero spazio alla potenza analogica invece del digitale è stato deciso fin dall’inizio da tutti i componenti, perché non piaceva a nessuno il suono “perfetto” e freddo della registrazione troppo incentrata sul digitale. Essere su disco come dal vivo e la potenza evocativa dei suoni sono stati aspetti predominanti nelle nostre scelte, e sono il risultato di un lavoro corale di tutti i componenti, anche di quelli passati.

Il disco esce in co-produzione con Dio Drone e Shove, come siete entrati in contatto? Che cosa vi ha attratto verso queste due realtà e con quali altre realtà italiane siete in contatto/vi sentite in sintonia?

Marco: Dopo una ricerca di etichette partita subito dopo le registrazioni, c’è stato l’incontro via web con una grande e storica realtà come la Shove, con cui, una volta sentiti i brani, è iniziata la collaborazione, non solo in forma di partecipazione al disco, ma anche come aiuto prezioso nelle varie fasi della stampa, con consigli e contatti, e per questo siamo onorati e grati. Mentre, con la Dio Drone ci conosciamo fin dai primi passi del gruppo e questa conoscenza è sfociata in collaborazione sia per il disco che per l’organizzazione dei concerti, visto l’assoluto rispetto per i rispettivi progetti musicali e per l’etichetta, così coraggiosa e di qualità.

Altre realtà con cui ci sentiamo affini, anche se per vari motivi non hanno partecipato al disco, sono la Death Crush e Sonatine, cui coraggio e competenza non mancano mai.

Presenterete il vostro debutto dal vivo? Qualche data un programma?

Marco: Il nostro debutto su vinile sarà è stato presentato live il 6 novembre a Perugia al CSO Ex-mattatoio ed il 7 novembre al circolo Dong di Recanati, con al seguito gli Haunting Green; a dicembre ci saranno altre due date, il 5 a Firenze al Next-Emerson con gli amici Robanera ed i Kröwnn, mentre il 6 al Centro Studi Libertari L. Fabbri di Jesi.

Avete già avuto modo di testare i brani su palco e che tipo di pubblico credete sia attratto dalle vostre sonorità?

Marco: I brani sono in giro da almeno un anno e il riscontro è sempre positivo ed interessato. Il pubblico dei nostri live non può che essere il più eterogeneo possibile: cercando una connessione più con le emozioni che con un qualche genere schematico di persone, riuscendoci quasi sempre, donando un viaggio catartico a chi ci Ascolta. In tutto questo, credo che siamo probabilmente per un pubblico che apprezza sonorità oscure e monolitiche, ma anche per tutti coloro che amano ancora sognare.

Last famous words…

Ale: Codio.
Ciro: Siamo perdenti che abbiamo vinto.
Sentiteci e sognate sempre.