UFOMAMMUT

Ufomammut

Tra i vari risvolti inaspettati del mio Desertfest c’è stata l’intervista agli Ufomammut, incontrati per caso mentre andavo a comprare un disco (Deprogrammed degli xBraniax, quanto di più lontano ci possa essere dalla loro musica e da quella del festival). Il trio piemontese è ormai da diversi anni un nome sempre più grande in ambito stoner/doom/psych, tanto che ha già calcato altri palchi importanti come quello dell’Hellfest in Francia o del Roadburn in Olanda. Quest’anno sono stati scelti tra gli headliner della seconda giornata dell’edizione londinese del Desertfest, ed ho avuto il piacere di farci quattro chiacchiere fuori dall’Underworld, il locale dove hanno suonato, eseguendo per intero il loro ultimo full length, Oro, sia Opus Primum sia Opus Alter.

Volevo sapere che ne pensate di questo Desertfest, quali sono le vostre impressioni sui locali e sull’atmosfera del festival.

Urlo: Siamo appena arrivati e per il momento abbiamo visto solo l’Underworld, siamo passati prima anche davanti all’Electric Ballroom e non so dove sia il terzo locale, non sappiamo molto, ci sembra carino, ti dico, i posti inglesi sono sempre strani.

Poia: Molto inglesi, per l’appunto.

È la prima volta che suonate in Inghilterra?

Poia: Non è la prima volta che suoniamo qui, anche se volevo far parlare Vita perché è il nostro computer umano, per ora non so dirti altro.

Vita: È la prima volta qui al Desertfest, la prima volta in Inghilterra fu a Manchester nel 2006, se non erro.

Che ne pensate del pubblico inglese, che differenze trovate rispetto a quello italiano?

Vita: Devo essere sincero? A me non dispiace il pubblico inglese (qui c’è stata una risata generale, ci si aspettava un commento più “diretto”, ndr). A volte in Italia trovi gente un po’ fredda, poco interessata, che viene al concerto solo per bersi le birre.

Forse fumano troppo.

Vita: Eh, van fuori a fumare troppo…

Urlo: Dipende dalle situazioni e dal locale. Due anni fa, quando suonammo al Purple Turtle qua vicino, fu una gran bella esperienza, altre volte come l’ultima a Londra invece fu carino ma non così memorabile.

Poia: La seconda volta a Londra fu un incubo, suonammo in una specie di bar, però a parte quell’esperienza mi è sempre piaciuto tantissimo suonare qua. Mi sono divertito in un posto qui a Kingston, sempre Londra, era praticamente un posto piccolissimo, a due piani, un calore incredibile, un delirio, uno dei concerti che ricordo con più piacere.

Stasera farete tutto Oro come avete fatto in altre occasioni (come l’ultima volta in cui li vidi a Roma, la mia città ndr), come mai questa scelta di suonarlo per intero?

Vita: Sì, perché è l’ultimo disco, non ci piace molto suonare i pezzi vecchi, ma dipende molto dalle situazioni.

Urlo: È un disco che ci piace molto, come è successo con Eve ci viene naturale farlo tutto insieme. Ci saranno alcune date in cui non potremo farlo tutto per questioni di tempo, però ci divertiamo così.

Poia: È un disco che è stato concepito come un’unica opera, prendere solo una canzone diventa difficile, visto che non ci sono canzoni ma solo delle parti.

Come mai la scelta di fare due dischi separati e non un doppio disco, in un momento dove moltissimi full length nuovi in questo genere escono in due vinili? C’è un significato dietro questa scelta?

Urlo: A noi è venuta quest’idea prima di andare da Steve Von Till, avevamo in mente di fare questo pezzo, volevamo fare un disco abbastanza lungo ma un doppio disco non è che ci piacesse poi tanto, così abbiamo pensato di fare come in Kill Bill, parte uno e parte due, anche perché volevamo dare l’idea di quello che è il nostro concerto: ci piace molto tenere i feedback, aspettare e poi ripartire, quindi anche in questo caso abbiamo fatto aspettare un po’. Penso che in futuro faremo un’ uscita con entrambi i dischi raccolti in uno solo, ma per il momento ci piaceva farli uscire separati.

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Com’è stato lavorare con Steve Von Till? Che conclusioni avete tratto da quest’esperienza?

Urlo: Lavorare con lui è stato come allargare una famiglia, nel senso è come se la nostra etichetta, la Supernatural Cat, si fosse allargata verso qualcun altro. Ci ha lasciato molta libertà, non ha imposto niente assolutamente, anzi, ci ha detto di fare come volevamo.

Vita: Già quando ci siamo conosciuti ci è sembrato subito molto interessato, poi quando gli abbiamo parlato di questo doppio lavoro, di questa doppia uscita, gli è piaciuta la cosa e ci ha proposto i due dischi (se non sbaglio inizialmente avevamo preso l’accordo per un disco solo), ci ha preso un po’ in giro chiedendoci come faremo a suonarlo tutto intero dal vivo (ride, ndr), perché lui sembra un po’ truce, cattivo, invece è una persona molto carina, aspetta sempre il momento per raccontarti qualcosa per farti ridere. Anche se lo vedi truce, sempre un po’ accigliato, è troppo forte.

Riguardo alla copertina del disco, c’è un significato dietro alle figure che la compongono?

Urlo: Sì, l’idea del disco, il modo in cui si è sviluppato, nasce dall’idea della formazione dell’oro in maniera alchemica, quindi nella copertina ci sono una serie di elementi, figure, che si rifanno all’esoterismo, all’alchimia. Poi c’è questo simbolo che è stato preso per un uomo, ma che è Oro, anche perché oro ad esempio viene pure da or, che significa luce.

Poia: Una serie di puttanate che però fanno presa!

Qualche giorno fa è morto Storm Thorgersen, il disegnatore della copertina di Dark Side Of The Moon e di tante altre. Quali sono le vostre copertine preferite? Dico al di là della qualità del disco in sé.

Urlo: A me personalmente la prima copertina che ha colpito in maniera incredibile, tanto che ho dovuto quasi fregare la cassiera del Carrefour dell’epoca per comprarlo (all’epoca c’erano le etichettine, potevi cambiare il prezzo per metterne uno più basso…), fu la copertina di Meddle dei Pink Floyd. Non capivo assolutamente cosa fosse, ho dovuto aprirlo e guardarlo per intero, poi ho capito che era invece un orecchio, anche se non l’ho più riportato indietro…

Poia: La mia copertina rimane quella di Atom Heart Mother, sempre Pink Floyd, è puro genio, una foto normalissima.

Vita: A me piace molto quella di Revolver, ma è una domanda un po’ così, è un po’ come quando ti chiedono “10 dischi da portarti su un’isola deserta”, ma ne servirebbero almeno 100. Almeno…

Sempre a proposito di copertine, disegni, mi ricordo che vidi in un documentario sulla storia dello stoner, Such Hawks Such Hounds, in cui ci siete anche voi come Malleus e la vostra collega diceva che le vostre opere sono molto incentrate sulla figura femminile: come mai questa preferenza?

Urlo: Fondamentalmente perché per noi la figura femminile rappresenta la bellezza, il bello puro, la madre da cui viene tutto, la vita… Ci viene naturale disegnare queste cose qua.

Poia: La figura femminile si presta molto a essere veicolo di altri tipi di informazione, nel senso, può essere una musa, può essere simbolica e rappresentare un’altra cosa, riesce ad esemplificare un concetto che può essere anche meno comprensibile, come la cosa che ho appena detto, ma se avessi fatto una figura femminile avresti capito!

Tornando a parlare dell’Italia, come pensate che stia andando la scena? Ci sono gruppi emergenti che seguite e apprezzate?

Urlo: Ti dico, in Italia bisogna sempre scavare molto, perché il problema è questo: devi superare tanti gruppi che tentano di fare quello che fanno innumerevoli altri gruppi prima di andare a scoprire progetti interessanti. Di cose ce ne sono sicuramente, abbiamo fin dall’inizio avuto l’idea di cercare gruppi particolari come Lento, Morkobot, Incoming Cerebral Overdrive, adesso gli Zolle, gli OvO, di gruppi ce ne sono, c’erano gli Zu, oggi ci sono anche Mombu, Tons, The Secret. Di roba buona ce n’è, la cosa interessante dell’Italia è che i gruppi veramente diversi lo sono sul serio, sono molto molto personali, si riconoscono nei vari generi come qualcosa di diverso, come possono essere Morkobot, The Secret, quelli lì insomma.

Vita: Se poi andiamo indietro nel tempo c’erano grandi band che non sono state considerate forse perché erano italiane, vedi i vecchi gruppi prog, negli anni Settanta ce n’era di roba. Che poi siano considerate solo da solo italiani è un altro discorso.

Poia: Va detto anche che diversi di quei gruppi si sono persi per strada.

Vita: Ma ovvio, alla fine se nessuno ti caga perché sei italiano ti perdi, o vai a fare il frate come il cantante dei Biglietto Per L’Inferno, Fra Claudio.

Allora è vera questa leggenda che sia diventato un frate…

Vita: Sì sì, c’è anche su YouTube l’intervista in cui dice di aver visto la Madonna. Contento lui… insomma, io non sono molto d’accordo.

Poia: Non sei d’accordo sul fatto che abbia visto la Madonna?

Vita: Non sono d’accordo sul fatto che sia un frate, i testi del Biglietto Per L’Inferno erano molto contro la Chiesa, contro la religione, vederlo ora frate lascia un po’ così.

Poia: C’era anche Frate Cionfoli che è andato a Sanremo e poi si è “sfratizzato”.

Vita: C’era anche quello là, come si chiamava, Fratello Metallo!

… cose che uno non vorrebbe ricordare…

Vita: Sì! (ride, ndr)

Continuando sempre a parlare del nostro Paese…. Ormai siete un gruppo ben affermato al di fuori dei confini nazionali, ma quando ripensate alla vostra città cosa vi viene in mente?

Vita: Mi viene da ridere.

Alcuni paesini hanno l’incredibile pregio di rimanere intatti nella loro noia nonostante il passare degli anni. È lo stesso per Tortona? Cambiata o è ancora rimasta come al tempo?

Vita: Io ormai vivo a Valenza, poco lontano da là. In quanto a noia se la gioca con Tortona, come se ci fosse una gara.

Urlo: È però uno stimolo, il fatto che ti annoi ti stimola a fare altre cose.

Poia: Tortona sta peggiorando.

Vita: Quindi usciranno un sacco di band, tra poco…

Un’ultima domanda: voi, a parte i vostri ascolti “noti”, cosa ascoltate? Quali sono i vostri ascolti recenti?

Vita: Io personalmente sono molto metallaro, a me piace molto l’heavy metal, il thrash metal, però è logico, l’hard rock anni Settanta e la psichedelia sono quelli che prediligo.

Urlo: Ultimamente sto ascoltando molto Chelsea Wolfe, e i Clutch e varie cose che non mi vengono in mente, gli Zolle, però Chelsea Wolfe mi piace tantissimo.

Poia: Io invece ascolto molto Jocelyn Pook, c’era un suo brano nella colonna sonora di Eyes Wide Shut. Lei è un’ artista inglese che si rifà a musica del passato, come i canti gregoriani e la musica araba. Mi viene in mente perché di recente ho comprato il suo ultimo disco.

L’intervista finisce qui, vi lascio un ultimo spazio per dire quello che volete.

Poia: A me piacerebbe che importassero il cibo italiano nel resto d’Europa, sarebbe bello se in certi paesi facessero un ponte umanitario con delle derrate che provengono dall’ Italia.

Vita: Basterebbe anche un corso di cucina.

Urlo: Però poi nessuno verrebbe più in Italia.

A proposito di cucina, c’era Frank Zappa che diceva “Dio abbia pietà degli inglesi per quello che sono costretti a mangiare”.

Vita: Beh giustamente, Frank Zappa era un genio, sottoscriviamo.