Tre dischi Eibon Records: Cazzodio, Wanda Wulz, Carlo Baja Guarienti

Muoiono mille etichette underground al giorno, Eibon Records no. Proseguendo a modo suo, senza stare sui social network e senza sfruttare a fondo le piattaforme digitali, ancorata all’oggetto cd e dunque poco incline anche a giocare la carta del marketing sul formato (vedi la moda, o presunta tale, del vinile e delle cassette). Del resto, che io sappia, “marketing” è proprio un termine che non esiste nel vocabolario di Mauro Berchi. Tre nuovi dischi: due che non ci sorprende di vedere sul suo catalogo, uno che pare un’eccezione.

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Si parte con Cazzodio e il doppio Surgical/Mechanical. Vecchio pallino di Eibon Records, Cazzodio, cioè Piero Stanig da Trieste, fa(ceva) power electronics – o almeno così semplificano tutti – e c’erano persone all’epoca che scrivevano senza problemi che in Italia fosse lui la miglior espressione del genere, nonostante gli illustri predecessori. Probabilmente il marchio Eibon influenzava queste persone, ma di Stanig si accorsero in tanti (per esempio Malignant). Dato che spesso dalle parti in cui si muove(va) Cazzodio troviamo il conservatorismo più buffo travestito da ribellione, diventa una notizia che questa raccolta di inediti e brani comparsi solo su compilation inizi con “Uccidi Un Soldato Della Folgore”. Si tratta di due cd che temo si rivolgano a un pubblico di convertiti: magmatico il primo, ma non per questo davvero “free”, più chiaramente ritmico e meccanizzato il secondo, come da titolo. Al di là dei diversi assetti scelti, il progetto suona sempre tanto asciutto e asettico quanto devastante, almeno finché non ci si assuefa.
Curioso come, dopo che Cazzodio è sparito (2000), il noise, tra mille contaminazioni, sia salito sempre più in superficie. Sarei proprio curioso di vedere se la Sub Pop o l’etichetta di Jack White sarebbero pronte a pubblicare Piero come hanno fatto coi Wolf Eyes. Perché certo rumore esce dal recinto della sua micro-scena e certo no? Non so rispondere bene.

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Passiamo a un’altra specialità della casa. Wanda Wulz è quella wave italiana che si sposta verso il cantautorato, forza le gabbie del genere e tenta soluzioni che ritiene più raffinate. Descrivendo il disco (:Polaris:), infatti, l’etichetta menziona Le Masque e Colloquio, questi ultimi qui presenti in qualche modo nelle parole di “Polvere”, ma soprattutto con Gianni Pedretti, che canta un suo testo in “Non Ritorna Più”. Anche il fatto che in “Abell 1835” alla voce ci sia direttamente Mauro Berchi di Eibon e Canaan deve far riflettere.
Di base i Wanda Wulz sono un duo, che poi chiama a collaborare altri musicisti per la sezione ritmica e per una serie di cesellature al suo pezzo. Se c’è spazio per le chitarre, si sentono un po’ di Cure et similia, ma spesso da queste parti – come nel caso dei Colloquio, appunto – si attinge ai Depeche Mode, combinati con un sax malinconico che più “ottantiano” non si può, magari integrato da un piano così da prendere qualche coloritura jazz, o con campionamenti vari (“La Luce” o “Trascorsi Mai Estinti” sembrano quasi orchestrali). L’insieme non si direbbe comunque derivativo, merito anche di una voce che interpreta in modo personale e sentito le proprie parole, senza scimmiottare nessuno di più famoso. Precisato questo, ho l’impressione che proprio il contributo di Sergio Calzoni ai Colloquio per quanto concerne il loro tipo di sound elettronico sia ciò a cui i Wanda Wulz dovrebbero guardare per portare la loro musica nel 2016, sempre che lo vogliano.

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Argo 1943 di Carlo Baja Guarienti è la pubblicazione più spiazzante delle tre di quest’anno. Si tratta di una colonna sonora pensata per una messa in scena de “Le Mosche” di Jean-Paul Sartre e non mi pare, andando a memoria, che Eibon si sia mai spinta in questi territori. Due limiti ovvi di queste righe: non ho assistito allo spettacolo (se era un film, lo trovavo), so ancora meno di danza e teatro che di cinema e musica. Sono in grado di sottolineare la bellezza delle foto in bianco e nero dell’artwork, merito dell’autore e con tutta evidenza di un’eccezionale compagnia. Riesco a cogliere la citazione-omaggio dei Goblin di “Suspiria” in “Tempo Di Uccidere – Le Mosche”, ma non mi sembra abbastanza decisiva come scoperta, anche se ho il sospetto che Baja Guarienti non si faccia problemi nel mescolare (presunto) “alto” e (presunto) “basso” nel suo lavoro. In alcuni casi mi pare che il paragone più sensato per un fan Eibon siano progetti come The Protagonist, a loro volta in debito con certi compositori per il cinema, più che quello – che è stato fatto, non da me – con Morricone, ma qualcuno potrebbe incazzarsi. Mi incuriosisce, a proposito di mescolanza di registri, la chitarra doomeggiante di “Noi Saremo Gli Occhi Fissi Delle Case”, e del resto già all’epoca mi sarebbe piaciuto vedere le facce del pubblico durante gli spettacoli di Gisèle Vienne, sonorizzati da Stephen O’Malley in coppia con Peter Rehberg. Tutto questo poi mi fa pensare che altrove, in alcuni passaggi, Baja Guarienti avrebbe voluto/potuto calcare la mano sull’aspetto “insettoso” e noise della faccenda, ma per qualche motivo non ha voluto/potuto (eppure con la soundtrack di “The Sound Of Insects” Norbert Möslang ha vinto dei premi…). Dal sito Eibon potete scaricare tre pezzi, mi pare che il ruolo della webzine qui sia solo quello di diffondere la notizia dell’uscita.