THE NEPALESE TEMPLE BALL, Arbor

Nepalese

Esistono gruppi che realizzano dischi a cadenze regolari, quasi provassero la necessità di lasciare traccia del proprio percorso, altri invece hanno bisogno di lavorare con calma, di prendersi il tempo necessario per incastrare ogni pezzo e seguire anche i più piccoli dettagli, con cura artigianale e un passo alla volta. Questo è il caso dei The Nepalese Temple Ball, formazione inglese attiva da otto anni che ha speso gli ultimi due per mettere insieme il proprio materiale e dargli forma compiuta all’interno di Arbor, album complesso e ricco di sfumature, figlio di un metal evoluto e contaminato che fa della sovrapposizione di layer e mood differenti il proprio punto di forza. Anche le vocals assolvono la loro parte nell’accentare i brani nel contesto generale, così da diventare esse stesse strumento e non semplice filo conduttore, da qui la presenza di ospiti come Alex CF degli ormai sciolti Light Bearer – nei quali militava anche Lee Husher, qui in veste di cantante e chitarrista – e Andy Wiltshire dei Goatthrone. Il risultato di questo processo è un lavoro attuale e nervoso, in cui esplosioni di energia e momenti dilatati si alternano senza soluzione di continuità, con un occhio al postcore di Oxbow, Botch, Breach, Burnt By The Sun e un altro a derive più atmosferiche che finiscono per stemperare gli angoli vivi e donare al tutto profondità. L’albero dell’artwork rappresenta i molti cambiamenti che la band ha attraversato, i periodi in cui utilizzava una batteria elettronica, quelli come formazione strumentale, gli ex membri (come il cantante Gordy di cui sono comunque stati integrati dei testi) e, in generale, tutto ciò che è finito per entrare in questo lavoro, che ha radici solide e molteplici ramificazioni. Proprio questa ricchezza e apparente disomogeneità di ingredienti confluiti in Arbor finisce alla fine per esserne il punto di forza e renderlo un lavoro interessante, al di fuori del consueto ripetersi di schemi codificati, tanto da offrire un viaggio ricco di colpi di scena, però mai disorganico. Da parte loro, le parole si riallacciano al concetto di “mostro” nella sua accezione mitologica e nel simbolismo collegato, spesso utilizzato come pretesto per raccontare una storia di amicizia nata intorno alla band e che nella band vede il suo cardine portante. Nell’oceano delle uscite prevedibili, i The Nepalese Temple Ball rappresentano una buona occasione per rallentare e lasciare per un attimo da parte il consueto. Speriamo ora di non dover attendere altri otto anni.