THE MAGNETIC FIELDS, Love At The Bottom Of The Sea

Love At The Bottom Of The Sea

È un bel guaio quando ti vengono dischi come 69 Love Songs. Poi i paragoni sono inevitabili, spesso segnano il tuo declino e ci vuole un’energia spaventosa per allontanarsi dalla forza di gravità generata dal tuo più grande successo e non soccombere. Stephin Merritt ha faticato, ha ideato la trilogia I, Distortion, Realism, si è allontanato dai propri canoni (anche se davvero ampi) con la doppietta The Wayward Bus e The Charm Of The Highway Strip e, in effetti, considerando che in poche righe si sono citati ben cinque dischi, chiedergli ancora di salvare il mondo con l’amore e la melodia pare esagerato. Distortion, poi, era davvero buono, con quell’aroma da bubblegum pop rancido, bagnato (appunto) da distorsioni e da suoni pieni di agganci Eighties, ché gli Human League sono sempre stati d’ispirazione. La rotta di questo nuovo capitolo della saga Magnetic Fields è la stessa: canzoni pop con lo sguardo storto e il cuore gonfio, protagonista la solita mania di alternare vocina all’elio e timbro baritonale, quasi un pezzo sì e l’altro no. La differenza con I e Realism sta tutta nella bontà della scrittura. Magari non così buona per tutto il disco, ma pur sempre più che dignitosa e capace di guizzi che solo chi sa il fatto suo può inventare all’improvviso, quando il grigiore sembra ammorbare e annunciare il viale del tramonto. Il passo è ancora forte e la colonna sonora del viaggio continua a essere carburante anche per gli animi. Sì, chiedere di più sarebbe una cattiveria.


Tracklist 

01. God Wants Us To Wait
02. Andrew In Drag
03. Your Girlfriend’s Face
04. Born For Love
05. I’d Go Anywhere With Hugh
06. Infatuation (With Your Gyration)
07. The Only Boy In Town
08. The Machine In Your Hand
09. Goin’ Back To The Country
10. I’ve Run Away To Join The Fairies
11. The Horrible Party
12. My Husband’s Pied-a-Terre
13. I Don’t Like Your Tone
14. Quick!
15. All She Cares About Is Mariachi