STROMBOLI, Stromboli

Stromboli1

Non provo nemmeno a contare quanti progetti “ambient” incentrati sulla chitarra siano nati negli ultimi anni. Fa il suo onesto tentativo a nome Stromboli anche Nico Pasquini (Buzz Aldrin), lap steel sulle gambe, apparentemente senza alcuna volontà di dire qualcosa di nuovo: loop, ritmiche grezze e il resto dello spazio uditivo occupato col rumore. Qualche frangente potrà ricordare i soliti tedeschi, qualche altro gli albori industrial, mentre Simon Reynolds è andato persino a cercare parentele con Seefeel e Labradford, paragoni dei quali personalmente andrei molto orgoglioso. Nulla contro l’approccio do it yourself (nemmeno contro le cassette), ma se prendiamo un disco come l’esordio James Welburn, appena uscito, capiamo come certe idee possano essere sviluppate in modo più convincente e coeso. Il confronto con la densità, l’unità di fondo e la potenza di Hold – oltre che col modo di costruire una traccia – è impietoso, perché dal lato di Stromboli ci sono approssimative giustapposizioni e sovrapposizioni di suoni (percussivi e di chitarra, ad esempio), che sembrano appartenere a dischi diversi suonati in stanze diverse, mentre dal lato dell’inglese arriva tutto insieme come una sola mazzata nei denti, complice la presenza non da poco di Tony Buck.

Al prossimo tentativo.