SPARKLE IN GREY, Thursday Evening

Sparkle In Grey

Sono approdati al quarto album, gli Sparkle In Grey (l’ultimo, Mexico, aveva raccolto ottime impressioni e critiche alla sua uscita), ed hanno affinato tecnica e capacità espressiva. Lavorando di fino sulla classica materia (post) rock – ebbene sì, non siamo lontani da quei mai dimenticati lidi – riescono a rimaneggiarne il canone utilizzando i diversi linguaggi a loro disposizione. Si va dalla colonna sonora speziata (sensazione che nel disco aleggia più di una volta) e condita con abbondanti dosi di tremolo morriconiani (l’apertura vagamente à la Ronin di “Der Mauer”) a una serie di inaspettate cover: “Of Swift Flight” dei per me sconosciuti Empyrical Sleeping Consort (non male, tra l’altro) e poi pezzi di God Machine (nientemeno…) e Bourbonese Qualk, con “Soft City” (quel giro di basso cavernoso e l’andamento dinoccolato della melodia comandata dal violino fanno centro). Le coordinate del gruppo di Carozzi/Lupo/Krostopovic/Uggeri (di quest’ultimo avrete già sentito parlare…) paiono spiazzanti, ma in fin dei conti tutto risulta piuttosto chiaro: forgiare al meglio la suite rock, enucleandone gli elementi più eterogenei, con l’ausilio di strumenti analogici e digitali, basti come esempio la travolgente chiusura di “Der Harbour”, che è tutto un complesso incedere jazzy-blues (pure vagamente “etnico”…) che per esempio i Tortoise avrebbero apprezzato alquanto. Una positiva conferma.