SAINT VITUS + ORANGE GOBLIN, 19/10/2014

Wino

Roma, Init.

Uno dei concerti più attesi nella Capitale quest’anno era quello dei Saint Vitus. Da qualche tempo a questa parte il loro nome è sempre più apprezzato e ogni volta che vengono a suonare nel nostro Paese riempiono sistematicamente i locali. Se aggiungiamo che questo è il tour per il trentacinquesimo anniversario della nascita della band (che, per festeggiare, ha deciso di suonare tutto Born Too Late, suo terzo disco del 1986) e che ad aprire ci sono gli Orange Goblin, possiamo capire da subito la portata di un evento del genere.

In tanti anni di concerti metal a Roma non ho mai visto l’Init così pieno: quando arrivo c’è una fila lunghissima, che lascia già immaginare la calca e il caldo all’interno del posto. Per una volta sembra di essere tornati indietro di dieci anni, quando le serate metal grosse si facevano tutte all’Alpheus e la media era di 200-300 spettatori ogni volta.

Ci vuole molto a far entrare tutti, così gli Orange Goblin salgono sul palco verso le 11. Qui hanno sempre ottenuto moltissimo consenso dal pubblico, che ogni volta è accorso in massa a sentirli. La loro resa questa volta non è molto all’altezza delle precedenti: l’audio li penalizza parecchio e Ben Ward parte un po’ svociato (il che sulla opener “Scorpionica” è fin troppo evidente). La scaletta contiene parecchio materiale nuovo, tratto dall’ultimo album Back From The Abyss e dal precedente An Eulogy From The Damned. Fa un caldo esagerato e non in pochi decidono di uscire per sentire la performance dall’esterno. I pezzi che coinvolgono di più, comunque, sono quelli più vecchi come “Quincy The Pigboy”, “Saruman’s Wish” e “They Come Back”. Nonostante li abbia visti molto più in forma in altre occasioni, è stato comunque un piacere per me – e per tutti i presenti – ritrovarli (sono passati molto spesso da queste parti e credo che l’80% del pubblico li avesse già beccati almeno due volte).

Orange Goblin

Cresce intanto l’attesa per i Saint Vitus, che dopo un soundcheck interminabile (nel frattempo, tra l’inizio del loro show e la fine del precedente, il locale passa Master Of Reality per intero) salgono sul palco accolti da un grande applauso. Nel doom metal classico sono chiaramente l’unico gruppo in grado di chiamare ogni volta un’audience molto variegata, che va dai metallari ai punk, per andare a finire con gente che con questi generi c’entra veramente poco. Aprono le danze con “Living Backwards”, seguita subito da “I Bleed Black”. È la prima volta che vengono a Roma e trovarsi davanti tutta questa gente non può che far loro piacere. Nella parte iniziale del loro concerto propongono vecchi classici da album sparsi, ad esempio “War Is Our Destiny” e “White Stallions”, assieme a pezzi più recenti come “Let Them Fall”, passando poi a tutto il materiale estratto da Born Too Late, iniziando col botto con “The War Starter” e terminando la performance con la title-track, con Dave Chandler che scende in mezzo al pubblico con tutta la chitarra nel finale del pezzo. In teoria la scaletta dovrebbe finire con “Saint Vitus”, che però viene tagliata per ragioni di tempo.

Il concerto dei Saint Vitus è stato a dir poco favoloso e ha lasciato tutti incredibilmente soddisfatti. Vista la perfetta riuscita di questa serata, è probabile che tornino in futuro.

Saint Vitus