roBOT Festival 2013, giornata del 4 ottobre

Robot06

È sempre avvincente trovare un evento importante decontestualizzato dalla location in cui si è abituati ad assistervi: è il caso del roBOT Festival, che quest’anno arriva alla sua sesta edizione. Sei anni in cui è cresciuto in modo esponenziale, fino all’esagerata popolarità odierna. Il festival è ambientato nel fulcro della Bologna medievale, proprio nel duecentesco Palazzo del Podestà, affacciato sulla gigantesca statua del Nettuno. L’evento del giovedì è andato sold out e la cosa sembrerebbe ripetersi questa sera, con una line-up moderna e promettente. Premessa: molti degli artisti presenti hanno suonato in contemporanea, quindi quelli che qui recensiamo non sono tutti. Le nostre scelte non sono dovute a un particolare ordine d’importanza da noi stabilito, ma da gruppi che noi preferivamo in base a ciò che avevamo voglia di ascoltare in quel momento.

Le masse presenti sono le più incredibili, visibilmente attratte più dalla notorietà del Robot e dal suo insolito nascondiglio che dai nomi degli artisti. Entrando in orario nel palazzo ci troviamo di fronte al maestoso Salone del Podestà, dove servono da bere e dove si svolgeranno i live set. Salendo al piano di sopra si arriva alla Sala del Capitano, mentre ridiscendendo dalla parte opposta del palazzo troviamo la Sala “Re Enzo”, dedicata alle performance audiovisive. Decidiamo, richiamati dal frastuono, di salire su per caricarci con un po’ della minimal techno house – protagonista del clubbing italiano dei giorni nostri – proposta dagli Apparell, duo formato da Nicola Peripoli e Nicola Battistello che fa vibrare le mura. Il tempo necessario per renderci conto della situazione e veniamo avvertiti che i Dva Damas stanno per cominciare. Scendiamo subito. L’agghindatissimo Salone del Podestà sostituisce drappeggi e candele che un luogo del genere di solito presenterebbe con luci da panico e un impianto che si è abituati a vedere per i Prodigy. Al centro è situata un’impalcatura in metallo piena di fari colorati, che funge da dance hall per godersi gli ultimi dj della notte. Quando i Dva Damas salgono sul palco, noi siamo già stati caricati dagli Apparell, ma il duo californiano fa subito calare la temperatura, presentandoci un concerto “post-wave” molto contemporaneo. Il già ricchissimo spazio fornito per esibirsi è impreziosito da un enorme schermo sul quale ogni gruppo proietta i suoi video personalizzati. Nell’insieme lo show riesce a far entrare il pubblico in trance e lo accompagna verso un freddo universo di velluto.

Durante il cambio di palco per i compagni di tour Tropic Of Cancer noi decidiamo di ritornare dagli Apparell per farci salire un altro goccio di adrenalina, ma il tempo stringe e poco dopo ci ritroviamo di fronte a un altro gruppo che di sonorità gelide come azoto liquido ne sa qualcosa: i Tropic Of Cancer, progetto solista di Camella Lobo, qui accompagnata da Taylor Burch dei Dva Damas come “guest”. Penso che il loro live sia stato uno dei più statici che abbia mai visto: la coppia femminile di Los Angeles rende di fondamentale importanza le proiezioni vintage poste alle sue spalle. Tacchi a spillo. Pantaloni attillatissimi. Maglioni enormi. Ormai è un dresscode più che scolpito nella storia della musica di questi tempi, e di questi ambienti. Cerchiamo di infilarci il più possibile fra le folte linee che ormai riempiono la sala, anche se – grazie all’ottima organizzazione del setting – da ogni posizione ci si può godere lo spettacolo al top. E infatti lo spettacolo ce lo godiamo eccome: per un’ora le nostre menti viaggiano leggere tra le nuvole musicate dai colpi ovattati di percussioni sintetiche e da chitarre acide mosse al rallentatore, sensazioni tutto sommato caratterizzanti anche l’etichetta Blackest Ever Black, che ha appunto pubblicato quest’anno il loro primo full length Restless Idylls.

Decidiamo di tranquillizzarci ancora di più ed entriamo per la prima volta nella Sala “Re Enzo”, dove il musicologo di Carosino (TA) Francesco Giannico sta eseguendo la sua performance audiovisiva “Suggestions”: uno studio sul paesaggio sonoro che sposa immagini naturalistiche a musica ambientale. Ci sediamo e attenti seguiamo le leggere variazioni che ci propone. La sua arte è molto rilassante, ben studiata, mai noiosa, anzi… quando finisce ci alziamo dispiaciuti, nonostante i 45 minuti a lui concessi dal Robot.

Cambiamo ritmo portandoci nel salone principale per l’inglese Holy Other, misterioso progetto elettronico che mischia una mole così massiccia di generi che è arduo scegliere quali citare. Con lui la faccenda si anima. Richiamando una techno mai troppo sporca, trasforma la situazione da concerto a pista da ballo, sfruttando al massimo lo spazio e le luci che qui danno il meglio, generando una malinconica atmosfera da club post-sbronza.

Dopo aver saltato, torniamo seduti con Von Tesla in Sala “Re Enzo”. Il progetto solista di Marco Giotto (conosciuto anche per gli altri progetti elettro-space Be Invisible Now! e Be Maledetto Now!) sta facendo molto parlare di sé e del suo non-genere di elettronica. Grazie a un massiccio armamentario analogico spara un dark ambient mischiato a una minimal techno ormai di casa stasera. Il set è più battuto in confronto a quello più astratto sentito in apertura dei Raime a Padova poco tempo fa, forse per inserirsi meglio nel contesto. E nel contesto ci si inserisce con stile, infatti – oltre ad essere originale – la composizione si muove perfetta fra i generi preferiti della serata, lasciandoci alla nostra last dance: John Roberts.

Entriamo per l’ultima volta nell’immensa Sala del Podestà dove consumeremo la festa a suon di deep house. Il newyorkese John Roberts ci infossa la mente, sempre aiutato dalle splendide decorazioni medieval-fantascientifiche, ma in modo un po’ più grintoso di chiunque prima. Il beat è deciso, sfumato solo a lievi tratti, richiama universi atmosferici ma non ci lascia viaggiare per conto nostro, decide di tenerci lì, con lui, a ballare fino alla chiusura, che avviene in orario, a mezzanotte in punto.

Chi può va a finire la notte al Link, chi non può si gode Bologna-by-night, che merita quanto un ottimo concerto.