RAFAEL ANTON IRISARRI + MAURIZIO ABATE, 13/2/2016

RAFAEL ANTON IRISARRI

Venezia, Spazio Aereo.

Quest’anno lo staff di Spazio Aereo ha già organizzato un concerto di Ben Frost e una serata dedicata all’etichetta Ghostly (headliner Shigeto), ma evidentemente non è ancora pago. Ora tocca a Rafael Anton Irisarri, autore di uno dei più bei dischi del 2015, per lo meno nel suo genere (ambient, drone, elettronica). In apertura c’è Maurizio Abate, che si porta appresso un disco altrettanto valido, incentrato sulla chitarra acustica. Il pubblico è numericamente inferiore rispetto alla sera di Ben Frost, ma ugualmente silenzioso e attento. Questo, a mio avviso, non rimette in discussione la qualità della proposta di oggi, ma dice qualcosa sul “salto quantico” compiuto da Frost, forse grazie al lavoro della sua nuova, importantissima etichetta: Mute. Rimango in parte sorpreso, perché ritengo che l’ultimo album dell’australiano – al di là del fatto che non è a fuoco al 100% – non abbia poi tutto questo appeal commerciale, ma si gira per concerti anche per capire l’aria che tira e rimettere in discussione i propri pareri (un mio contatto sul posto, ad esempio, mi riferisce che quel venerdì di gennaio ha calamitato molte facce nuove, non solo gli habitué).

Maurizio Abate

Inizia Abate, con discrezione, senza mai presentare i propri pezzi o interagire con gli spettatori. Seduto, berretto calato sugli occhi, suona la sua chitarra acustica (amplificata) e lavora con pochissimi effetti, servendosene con grandissima attenzione. Per quanto posso afferrare, è tecnicamente ineccepibile. Le sue lunghe camminate sono molto rasserenanti e ci collocano in un luogo fuori dal tempo, così come farà, con altri mezzi, Irisarri. L’accoppiata, sulla carta eterogenea, acquisisce senso proprio se la vediamo dal punto di vista della capacità dei due di modificare la nostra percezione dello scorrere dei minuti.

Rispetto a quando l’ho visto l’ultima volta nel 2009 (come The Sight Below), Irisarri è giusto un po’ ingrassato. Sale sul palco nerovestito, barba lunga, capelli raccolti in una coda sulla nuca, ma sembra sempre un adolescente, il che in qualche modo non ben spiegabile si riflette sulla sua musica. Altissimo, introduce a parole il suo set  – prima in un italiano divertente, poi in inglese – consigliando al pubblico di sedere a terra e approfittare del suo concerto per meditare. C’è chi non si fa assolutamente pregare e si sdraia, nella speranza di galleggiare sulle basse frequenze, che non si fanno attendere. Visuals assenti (non è una buona idea), si parte con pioggia, una voce femminile campionata e una chitarra suonata con l’archetto, retaggio della vecchia produzione di Rafael, che di recente è stato costretto a ripensare la sua musica in termini di equipaggiamento, perché gliel’anno rubato durante il trasloco da Seattle a New York, dove vive adesso e dove ha avviato il Black Knoll Studio. Coincidenza: anche Frost ha cambiato strumentazione, ma per scelta: entrambi gli artisti, comunque, hanno saputo trasformare un trauma – autoimposto o meno – in un album potente che travalica l’ambient come lo intendiamo. L’avvenimento più strano di oggi è che passano trentotto minuti in mezzo secondo, cosa che realizzerò solo discutendo del live con Meda di Plunge. Dopo un primo applauso inizia una seconda parte, una sorta di bis, durante la quale l’americano innesta – credo – “Reprisal” dal nuovo A Fragile Geography, evidenziando lo scarto d’emotività che c’è tra il suo passato e il presente, più denso e pieno di suono. Nuova pausa, poi quello che si rivelerà essere un bonus, cioè l’esecuzione di “Empire Systems”, sempre da A Fragile Geography. A me era sembrato tutto l’ovvio picco di un climax, visto che questa traccia è quella più intensa di tutto l’album e ne costituisce l’episodio migliore (lo sa Irisarri stesso, che l’ha abbinata anche a un video). Ad amplificare questa sensazione di ascesa ci aveva pensato Spazio Aereo, illuminando da sotto il palco con luci bianchissime. Invece il concerto sarebbe potuto finire prima. Spero che anche nelle prossime date del tour il pubblico sia fortunato come lo sono stato io sabato, perché ho potuto ascoltare proprio i pezzi che speravo in un locale perfetto per questo genere di suoni.

Chiude la serata il dj set di Leonardo Martelli, ma io devo farmi un’ora e mezza di autostrada, quindi me ne vado col vinile di Abate sottobraccio. Un invito al pubblico locale: se vedete che un posto fa buone cose, sostenetelo e credetegli anche quando non conoscete l’artista che porta da voi.

Grazie a mr. Bedroom per le foto.

Rafael Anton Irisarri