Qualche domanda a Larsen, Thor Harris, Jozef Van Wissem, Spaccamonti & Beauchamp in occasione di “Overlook” a Torino

Tutti sanno cos’è l’Overlook Hotel e tutti sanno che Torino è sempre stata percepita come città misteriosa per eccellenza, un po’ come lo scenario inquietante dove si svolge “Shining”. Stiamo quindi parlando della città ideale in cui far sposare musica e cinema, e chi ha pensato di coinvolgere un certo tipo di artisti e di farli suonare in uno dei suoi cinema storici ha certamente dimostrato di sapere il fatto proprio, tra l’altro aggirando lo scoglio della classica esibizione col compositore famoso che ripropone la musica del film di turno. Non va dimenticato che in città sono state girate in passato numerose pellicole, alcune rimaste davvero nell’immaginario collettivo di tutti noi, vi basti “Profondo Rosso” di Dario Argento… Dunque, è il caso che vi leggiate le risposte dei musicisti e che vi rechiate in piazza Vittorio a godervi le loro note al cinema. Prima di entrare in sala, però, bevetevi un vermouth alla nostra salute. 

Intervista ai Larsen

Overlook (cito il dizionario) tradotto significa guardare, dominare dall’alto. Come pensate si possa “osservare” la vostra musica? Credete che non si debba soltanto ascoltare?

Larsen: Tutta la musica evoca (o almeno dovrebbe evocare) visioni, ed in quanto tale si può osservare seguendo il personale flusso di immagini che l’accompagna.

I Larsen hanno una visione della loro musica piuttosto singolare, non a caso nell’ultimo Of Grog Vim si narra idealmente di questo personaggio errabondo, e le note portano a pensare un determinato tipo di storia. Era questo l’intento principale del disco?

Per quanto il nostro approccio sia sempre stato quello di costruire atmosfere e narrazioni per textures, suoni e parole,  questa è la prima volta che ci siamo focalizzati su un unico soggetto, il nostro primo “concept-album” per certi versi, anche se la storia di Grog Vim certo non è lineare, e per quanto abbia un inizio sicuro ha sviluppi incerti e un finale decisamente aperto…

Come pensate si possa integrare la vostra proposta con l’ambiente raccolto e “vintage” del Cinema Classico di Torino?

Siamo abituali frequentatori del Classico, la cui programmazione cinematografica spesso rispecchia i nostri interessi e gusti e quindi ci sentiamo a casa nei suoi spazi. Crediamo poi che situazioni intime di questo tipo, teatri di piccole/medie dimensioni, siano quelle che diano al pubblico il migliore  contesto per godersi lo show, comodamente seduti e senza  distrazioni, e la possibilità di immergersi e perdersi nel suono assieme a noi.

Intervista a Thor Harris (Thor & Friends)

Nel disco a nome Thor & Friends uscito lo scorso anno provi a creare delle atmosfere rarefatte e cinematiche, grazie a marimba, vibrafono e xilofono, in un contesto diverso rispetto a qello degli Swans. Hai quindi accantonato il “massimalismo” della band di Michael Gira per usare una formula più affine al minimalismo? Perché hai avuto l’esigenza di esprimerti a questa maniera?

Thor Harris: Era giunto il momento di fare musica  più “in grande”. Volevo fuggire dai soliti basso, chitarra e batteria. Quando abbiamo preso questi strumenti, il suono che ne è venuto fuori probabilmente si è inserito in una delle tante tradizioni più antiche. Sono da tempo un fan dei minimalisti classici del XX secolo. Sono stato anche ispirato dalla nuova musica elettronica di Ben Frost (Harris ha collaborato ad A U R O R A di Frost, ndr). Peggy (Ghorbani, ndr) e io abbiamo una casa piena di strumenti a percussione per orchestra. La marimba, che era la mia preferita, è diventata il pezzo centrale di questa musica. Volevo provare a fare musica senza usare strumenti che mi ero stancato di ascoltare, qualcosa di semplice e accessibile come il rock o la dance elettronica, ma con nessuno di quei suoni. Michael Gira e io ci spediamo spesso pezzi di tipo minimalista l’uno con l’altro. Il minimalismo è amato da molti musicisti, ma non ha nulla a che vedere con un tiro virtuoso… Come gli Swans e i lavori di Electronic Dance Music, si basa sul potere ipnotico della ripetizione. Abbiamo iniziato rapidamente a raccogliere una squadra di musicisti classici con abilità improvvisative. Jeremy Barnes e Heather Trost degli A Hawk And A Hacksaw mi hanno chiesto di fare una registrazione per la loro etichetta LM Dupli-cation. John Dieterich dei Deerhoof era l’ingegnere del suono e ha aggiunto suoni “sordi” con la chitarra. Sarah “Goat” a questo punto era diventata un membro regolare. Lei adora l’exotica, gli strumenti in legno di Bali, Tropicália, la Muzak e altra “strange music” del passato. Aveva suonato molta di quella musica quando era la ragazza del merch degli Swans. Ero molto ispirato dai suoi strani gusti. Siamo andati in New Mexico per registrare nello studio casalingo di Jeremy e Heather ed è stato un momento magico: cibo, cani, amicizia e percussioni sinfoniche… Il risultato è stato la nostra prima, amata registrazione, non pensavo di poter realizzare qualcosa di così valido. Sono orgoglioso di questo, tutti noi lo siamo. Thor & Friends non suonano per niente come gli Swans, ma gran parte di quello che ho imparato con gli Angels Of Light e con gli Swans qui funziona. Il coraggio artistico di Michael mi ispira ogni giorno…

Come pensi che si possa integrare la vostra musica con l’ambiente raccolto e “vintage” del Cinema Classico di Torino?

Poiché la nostra musica non è potente, non è adatta ai club rock, funziona meglio nei teatri. Sono così entusiasta di suonare nel bellissimo Cinema Classico di Torino. Penso che l’acustica sarà come una bella “tela” per la nostra musica. Amo il lavoro dei Larsen e sono felice che si uniscano a noi sul palco.

Intervista a Jozef Van Wissem

Jozef, inutile stare a sottolineare quanto sia importante il cinema per te… Eppure, rimane sempre singolare ascoltare un liuto antico, ebbi la fortuna di assistere ad una esibizione al Blah Blah di Torino qualche anno fa. Sarà ben particolare sentire ora le tue note dal vivo in un cinema, ma senza immagini, no?

Jozef Van Wissem: In realtà suonare senza immagini è preferibile. Lo score dal vivo è sopravvalutato ed è diventato più un tipo di “industria”. Una volta sono andato a vedere gli Psychic Tv, era la prima volta, e c’era un video molto potente proiettato sopra la band, un po’ di cose grafiche con tagli, operazioni e così via. Bella, ma questa cosa mi ha rovinato il concerto. Ha rovinato la mia stessa idea degli Psychic Tv. “Vedere” la musica crea una immagine nella tua immaginazione, che è più potente di qualsiasi immagine reale. L’immagine proiettata non valorizza la musica, è anche una reazione, e improvvisare un live-scoring per me è privo di significato.

Quali sono i tuoi autori di score preferiti e perché?

Ry Cooder e Bob Dylan. Il primo per “Paris, Texas” e Dylan per “Pat Garrett e Billy The Kid”. Loro suonano la stessa canzone più volte e con piccole varianti. Cooder semplicemente ruba la parte di chitarra “bottleneck” di “Dark Was The Night, Cold Was The Ground” di Blind Willie Johnson e la ripete in diversi modi. Anche con questi compositori mi piace il fatto che la loro identità come musicisti dal vivo è molto forte. Sono veri musicisti e non impiegati. Detesto i compositori che dalle loro torri d’avorio, mai o quasi mai suonano dal vivo. È nel tuo sangue o non lo è…

Intervista a Paolo Spaccamonti e Paul Beauchamp

Paolo e Paul, a parte il fatto che avete lo stesso nome e che in fondo le vostre musiche collimano in qualche modo, come mai avete pensato di unire le vostre forze per questo progetto e come pensate si possa sviluppare un live in un contesto architettonico cosi particolare come un cinema?

Paolo Spaccamonti: Da tempo si parlava con Paul di creare qualcosa insieme, ma alla nostra età se non si ha un pretesto è sempre più difficile coordinarsi… semplicemente si invecchia e le cose da fare diventano tante, troppe. È capitato che alla fine di un tour insieme, Gianmaria Aprile dei Luminance Ratio ci invitasse nel suo studio, Argo Laboratorium  – che si trovava sulla strada del ritorno – per provare a registrare “qualcosa”. Quel qualcosa è diventato Torturatori. Non sarebbe mai esistito senza di lui e penso che il disco sia una sorta di cartolina del tour. Ogni incontro, concerto, viaggio, scazzo, stanchezza… di quei giorni è lì,  ben impresso sui due lati del vinile. Trovo sia molto bello tutto ciò perché genuino, nulla è stato programmato. Colgo quindi l’occasione per ringraziare una volta per tutte Gianmaria, il terzo “torturatore”. Dal vivo proveremo a riproporre il disco nella sua interezza, cercando di conservare la spontaneità con cui è stato concepito. Il bel contesto di cui parli farà il resto, si spera.

Paul Beauchamp: Io e Paolo siamo amici da diversi anni ormai e abbiamo sempre parlato di fare un tour insieme. Finalmente siamo riusciti e mentre eravamo in tour un altro amico – Gianmaria Aprile – ci ha invitato a passare un pomeriggio nel suo studio, visto che l’ultima nostra data era lì vicino. Così siamo andati da lui a creare all’improvviso e siamo rimasti colpiti dal modo in cui le nostre due forme di musica si sono sposate. Credo che un cinema sia un posto che ben si  presta al tipo di musica che facciamo. Secondo me la nostra potrebbe essere considerata come una colonna sonora per un film che non esiste ancora…

Non siete nuovi a operazioni di questo tipo, in separata sede però. Paolo, ti sei misurato addirittura con una pellicola di Carl Theodor Dreyer. Paul, di fatto con le tue note ti muovi in ideali paesaggi bucolici che non possono non far tornare alla mente, che so, film come “Badlands” (1973) di Terrence Malick o “Reflecting Skin” (da noi Riflessi Sulla Pelle, 1990) di Philip Ridley…

Spaccamonti: Ho collaborato con il Museo del Cinema di Torino diverse volte per la sonorizzazione di film muti dal vivo e non solo, anche se questo caso direi che ha poco a che vedere con quel tipo di esperienza. Quello che faremo io e Paul sarà un concerto vero e proprio, dove andremo a presentare il nostro album. Certo, la location è insolita per un “semplice” live,  ma trovo interessante e non così assurda l’idea che delle persone stiano sedute al cinema per assistere ad un concerto di questo tipo. È pur sempre musica evocativa e ricca di informazioni, sono convinto che anche senza l’ausilio delle immagini possa dare spunti a chi avrà voglia di coglierli.

Beauchamp: Personalmente cerco sempre di creare un viaggio con la mia musica, sia per me, sia per l’ascoltatore. In questo contesto sono convinto che io e Paolo riusciremo a portare il pubblico dentro il nostro disco, che presenteremo per la prima volta dal vivo, e credo che la location accogliente del cinema sia molto adatta per questa esperienza. Non vedo l’ora!