PSALM’N’LOCKER, Music For Dreamachine

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Il nome di Brion Gysin non appare frequentemente nei revival degli anni Sessanta, eppure, come afferma Laura Hoptman, curatrice della mostra “Brion Gysin: Dream Machine” al New Museum di New York, era circondato da personalità quali Haring, Breton, Man Ray e gli ultimi fedeli al dadaismo negli Stati Uniti. Era altresì grande amico e spalla di W. S. Burroughs.
Del perché il mondo sia pieno di omini monocromatici che abbracciano cuori, zuppe di pomodoro e Marilyn Monroe, e della Dream Machine quasi nessuno se ne curi, è un discorso sulla strumentalizzazione dell’arte contemporanea che non affronteremo, l’importante è che qualcuno ogni tanto guardi al secolo scorso e rispolveri qualcosa di bello, insabbiato e ancora incredibilmente attuale.

Stiamo parlando di Luca Garino, attivo in ambiente torinese con il programma “La Délirante” su Radio Banda Larga e col trio How Much Wood Would A Woodchuck Chuck If A Woodchuck Could Chuck Wood?. Op. 01 Music for Dreamachine rievoca in toto l’esperienza studiata da Gysin assieme a Ian Sommerville: un visionario (nel più fedele e meno banale senso del termine) e un matematico nerd brevettarono una macchina capace di stimolare l’attività della mente in un corpo nello stato di lucida rilassatezza, innescando la produzione di immagini fantastiche del tutto sconnesse dalla rappresentazione visiva reale. La dreamachine è un cilindro di carta intagliata con forme geometriche predeterminate, incastrato sopra a un giradischi. Al centro viene montata una lampadina che lavora tra gli 8 e i 13 Hz, frequenza che determina il ritmo basale dell’encefalogramma detto “ritmo alpha” registrato su individui svegli, ma con le palpebre chiuse. Il buio apparente e la lucidità di ricezione erano (e sono) i due ingredienti principali della dreamachine, oggetto favoloso per sognare ad occhi “aperti”, che secondo i creatori e lo stesso Burroughs avrebbe sostituito la televisione.

Garino offre su cassetta la propria componente musicale in 28’ 22”, con tanto di “tic” della puntina del giradischi (quelle piccole e impercettibili finezze che ti fanno godere dell’accuratezza altrui), compiendo una ricerca sonora di estrema tensione e paralisi, interrogando l’orecchio dell’ascoltatore con due suoni di organi non temperati che si accavallano e si rincorrono tra loro. Nell’immobilità dell’ascolto, la gravità dei due strumenti ha tutto il tempo di entrare a fondo nella mente e nel corpo, anestetizzando tutto ciò che incontra, mentre l’osso frontale diventa un telo bianco su cui proiettare qualsivoglia frutto spontaneo della mente.

Provare per credere? URSSS soddisfa la nostra curiosità con un live del Maggio 2013 a Milano.