ONEOHTRIX POINT NEVER, R Plus Seven

R Plus Seven

Decrittare l’ultimo lavoro di Daniel Lopatin aka Oneohtrix Point Never richiederebbe lo spazio di un saggio sociologico, tali sono il portato e le implicazioni – anche e soprattutto extra-musicali – di R Plus Seven. Limitandosi all’aspetto sonoro, per scardinare dal di dentro la ricerca che sta dietro questo primo disco targato Warp (garanzia di un certo passaggio “oltre”, e non solo discograficamente parlando) si potrebbero prendere alcune intuizioni di James Ferraro – altezza Far Side Virtual – e trascinarle nell’immaginario post-2.0 di questo americano sfatto, che sembra perseguire un disegno preciso nella sua evoluzione discografica: partire dalle atmosfere, creare un immaginario e poi concentrarsi sui suoni e sulle modulazioni per narrare una contemporaneità tuttora aliena a noi, suoi inconsapevoli protagonisti. Proprio come avviene in questo R Plus Seven. Lavoro avanguardistico più di ogni altro nella sterminata produzione di Lopatin e lontano dalla pruderie analogica che ne segnava la cifra musicale, è al solito elaborato secondo traiettorie che ─ non ne vogliano gli estensori della press-sheet, in cui si parla di “forma canzone” ─ fanno di ogni singola traccia una sorta di mini-suite per astrazioni di suoni aggregati e scomposizioni a mo’ di puzzle sonoro. Vedi alla voce “Americans” o “Zebra”, per intenderci, oppure l’accozzaglia video di “Problem Areas” e “Still Life” (ovvero il multitasking da vomito e l’accumulo di dati random cui ci stiamo anesteticamente abbandonando), ma il principio vale per tutto l’album: un rincorrersi di suoni in libera uscita, fratture e curve a gomito, abbozzi e rinunce che si fanno colonna sonora di una realtà ipertrofica ormai equamente suddivisa tra reale e virtuale. Con quest’ultimo che va via via prendendo il sopravvento, spiazzando i non-nativi digitali.

Quella attuata da Lopatin in questo passo decisivo è una sorta di muzak iper-tecnologica per il terzo millennio, lontana ormai dalle svisate cosmic-analogiche degli esordi e astratta tanto quanto può risultare il mondo in cui siamo immersi, tra suoni immateriali di bit in dispersione e in perenne movimento. Dal retro-futurismo all’avant-attualità celata nei meandri immaterali di un vivere sempre più virtualmente specchiato sulla realtà. Non più, dunque, lo sguardo al passato da rielaborare, ma uno slancio verso un presente che è già futuro, sotto gli occhi di tutti.

Tracklist

01. Boring Angel
02. Americans
03. He She
04. Inside World
05. Zebra
06. Along
07. Problem Areas
08. Cryo
09. Still Life
10. Chrome Country