NORMAN WESTBERG, MRI

NORMAN WESTBERG, MRI

Abbiamo già parlato del percorso solista di Norman Westberg, chitarrista degli Swans, e lo abbiamo intervistato. MRI ha questo titolo per via delle risonanze magnetiche alle quali Westberg si è sottoposto dopo aver realizzato qualche anno fa di aver perso parte della sua capacità uditiva. Nessuno, soprattutto sapendo in che band suona, potrà mai stupirsi che gli sia capitato questo in vecchiaia. Logicamente, dato che il diventare sordi non implica solo il rischio che arrivi Axl Rose a rubarti la poltrona, la cosa ha portato a queste visite specialistiche, delle quali questo disco, ristampato oggi da Room40 (più inedito bonus), è il riflesso. Da un punto di vista musicale lo possiamo definire il gemello di 13, dato che sostanzialmente si basa sull’incontestabile attrazione per il suono pieno e puro che ha il chitarrista, al di là di ogni possibile accademismo (è lui a dirci che sono cose che non tiene in considerazione), per quanto, come l’etichetta stessa suggerisce, diventa un po’ difficile non sentirci Steve Reich. Vale sempre lo stesso discorso dell’altra volta: il nome aiuta moltissimo a interessarsi a un album che esplora territori molto battuti in questi anni, quelli dell’ambient ottenuto con una sei corde, tanto che in questo caso, più che nell’altro, vengono in mente album oscuri e dimenticati ascoltati in questi anni, uno su tutti Eternal Jewel di Darsombra (Public Guilt, 2008) che in certi momenti gli assomiglia moltissimo. Rimane il fatto che, nella sua semplicità e immediatezza, benedette al tocco magico di un esponente di spicco dell’underground americano degli ultimi 35 anni, MRI è comunque una tentazione.