NEVROSHOCKINGIOCHI Scena2

nevro

Scena2 è, tanto vale chiarirsi subito, un’opera ambiziosa e nient’affatto facile. Si snoda come una pièce teatrale a cavallo tra avanguardia e voglia di sovvertire i classici canoni di riferimento e musicalmente si avvicina alla decostruzione industrial applicata al postcore, non a caso gli stessi Nevroshockingiochi lo definiscono art-core, una sorta di frullato di Dischord, noise-rock, mood berlinese e scorie di anni Novanta frullate senza rispetto. È un affresco sulla vita quotidiana messo in scena con piglio declamatorio, ma anche con molta voglia di spingere oltre le strutture sonore, a tratti deflagranti e in altri momenti appena accennate, abbozzate o scomposte, così da dare maggiore rilievo alle percussioni o ai feedback, a melodie distorte o alle parole, sempre presenti e in primo piano, mai lasciate al caso, sottolineate da un recitato a tratti fin troppo enfatico. L’efficacia di Scena2 dipende in gran parte – e più della norma – dal modo in cui l’ascoltatore riuscirà ad interagire e lasciarsi trasportare al suo interno, al di fuori dell’usuale metodo di fruizione, perché in alcuni momenti i Nevroshockingiochi sembrano puntare in modo diretto ai nervi scoperti, quasi l’intento fosse quello di provocare una reazione a pelle, un moto di fastidio o di insofferenza, con suoni stridenti o strofe ricche di calambour e nonsense. Qualcuno potrebbe addirittura pensare a un atto di eccessiva auto-stima, di tracotante spavalderia nel far collidere l’avanguardia italiana del Gruppo 63, Sanguineti e Arbasino (citati dagli stessi musicisti senza troppe remore) con le strutture del noise e del postcore più destrutturato. Dal punto di vista musicale siamo al centro di un caos controllato, in cui ogni suono va ad interagire con gli altri senza alcun apparente rispetto di forme e modi, spesso in modo meccanico e senza nessuna rotondità o sfumatura a smussare o rendere più appetibili strutture con gli spigoli vivi. Di certo questo è un album che merita di essere ascoltato con la dovuta attenzione prima di formarsi un’idea ben precisa e che difficilmente lascerà indifferenti, sia lo si ami sia si decida di non lasciarsene catturare. Del resto, basta scorrere la lista di etichette coinvolte per comprendere come i maceratesi puntino a un pubblico eterogeneo e transgender, unito dalla curiosità e dalla ricerca di nuovi stimoli. Sarebbe interessante riuscire a vederli in azione dal vivo, dove la componente teatrale di sicuro potrà esplodere in pieno.