MOTÖRHEAD, Aftershock

Motörhead

I Motörhead sono ormai un’istituzione: guidati da un Lemmy sempre più agguerrito (nonostante i recenti problemi di salute che ne hanno per ora fermato l’attività live), non sembrano proprio volersi abbassare al ruolo di vecchie glorie in attesa della pensione. Certo, qualche album con il pilota automatico o, comunque, meno ispirato lo hanno pubblicato, ma non hanno mai davvero preso una cantonata o realizzato dischi scialbi, più che altro ormai sembrava avessero preso coscienza del non dover dimostrare più niente a nessuno e, per questo, si fossero un po’ adagiati sugli allori, con qualche colpo al centro per ribadire che la stoffa non si inventa e qualche filler per andare in tour a portare ancora il glorioso vessillo a spasso per il globo. In fondo, chi più dei Motörhead potrebbe permettersi di starsene comodamente assiso sul trono borchiato per lasciarsi adorare da generazioni di fan che con loro sono cresciuti e di musicisti che da loro hanno attinto a piene mani? Ciò che, invece, Aftershock porta in dono all’ascoltatore è un album ispirato e cazzuto, un lavoro solido e per nulla addomesticato, con un songwriting dinamico e sempre a fuoco, sia nella sua variante più bluesy e rock’n’roll, sia quando la bestia tira fuori gli artigli e decide di colpire a fondo. Aftershock sembra riunire nel modo migliore le varie anime della band, ma lo fa senza pasticciare all’interno dei singoli brani, piuttosto affianca differenti approcci tenuti insieme dal tipico sound che vale ormai più di mille marchi di qualità e che sfidiamo chiunque a non riconoscere dopo le prime due note. Insomma, questo è il disco che metterà d’accordo fan storici e neofiti, vecchi biker e giovani punk che hanno imparato ad amare Lemmy & co. attraverso i propri idoli (si pensi alla passione di molte formazioni crust per l’approccio e l’immaginario della band), metallari della prima ora e figli di Fenriz in fotta da riff serrati. Non tutto veleggia allo stesso livello e alcuni brani graffiano più di altri, ma chi si era affrettato a dare per bolliti i Motörhead farà bene a ricredersi, perché Aftershock non vive di solo mestiere e il suo ruggito si sente da lontano. Noi tifiamo ancora Lemmy, il resto è solo chiacchiere e distintivo.

Tracklist

01. Heartbreaker
02. Coup de Grace
03. Lost Woman Blues
04. End of Time
05. Do You Believe
06. Death Machine
07. Dust and Glass
08. Going to Mexico
09. Silence When You Speak to Me
10 .Crying Shame
11. Queen of the Damned
12. Knife
13. Keep Your Powder Dry
14. Paralyzed