MONDRIAN OAK + .CORA., 29/3/2014

Mondrian Oak

Ancona, Glue-Lab.

Quello dei Mondrian Oak è un ritorno che si attendeva da un po’. Dopo aver realizzato due lavori strumentali su Consouling Sounds e Eibon, i tre hanno annunciato l’inserimento di un cantante e una decisa svolta stilistica. Gioco forza che si creasse una forte curiosità sul tipo di cambiamenti apportati e sul nuovo corso, anche perché il debutto dal vivo con scaletta completamente rinnovata era da un po’ nell’aria e l’attesa andava avanti ormai da parecchi mesi.

Aprire la serata spetta ai .Cora., artefici di un rock energico e fortemente venato di mood anni Novanta, che fa leva su sonorità stoner/grunge bagnate di noise della Grande Mela, una formula che – se capace di convincere su disco – dal vivo colpisce con tutta la sua forza, grazie anche all’alto tasso di adrenalina sprigionata dalla classica formula del power trio. Il cantato in italiano aggiunge al tutto un interessante contrasto e rende anche più marcato il ritorno a certe sonorità in voga a fine millennio, il che una volta tanto non è un difetto, visto che il risultato finale si lascia apprezzare e mantiene sempre salda la presa sui presenti. Autori di un album uscito per Jestrai nel 2009, su cui hanno messo le mani in fase di produzione/registrazione David Lenci, Manuel Volpe e Bob Weston (bassista degli Shellac), i .Cora. hanno saputo scaldare a dovere la piccola folla che oggi riempie la saletta del Glue-Lab, così da lasciare ai Mondrian Oak una platea recettiva e già su di giri.

Chi segue i Mondrian Oak da sempre fatica non poco a immaginarsi come un cantante si possa inserire nelle composizioni dilatate e venate di mood psichedelico, in cui pulsioni post-rock e avantgarde si fondono per dar vita ad un sound tanto peculiare quanto elaborato. Bastano, però, poche note per comprendere come il cambiamento sia stato anche più radicale del previsto e come del vecchio repertorio non sia rimasto ormai nulla, neanche un retrogusto a collegare l’oggi con il corso passato. Se in precedenza i Mondrian Oak avevano sempre offerto esibizioni in cui la cura per i suoni e per le atmosfere rischiavano di smorzare l’impatto frontale, oggi sembrano aver rivoltato completamente gli equilibri e si gettano a capofitto in una proposta che unisce potenza e tecnica, fruibilità e pesantezza, presa sul pubblico e cura nel songwriting. Difficile descrivere in dettaglio il nuovo corso dei Mondrian Oak dopo una sola – seppur convincente e spesso entusiasmante – esibizione: si potrebbe parlare di California, di Arizona, echi di Fu Manchu e Queens Of The Stone Age, garage e rock’n’roll annegati in un riffing che colpisce senza esitazioni, quanto di più lontano possibile da ciò che ci si sarebbe potuti immaginare, grazie anche ad un cantante che aggiunge un mood particolare e sa come muoversi sul palco con disinvoltura. Eppure, quando ci si concentra sulla musica, si riconosce l’impronta dei tre membri originari, la voglia di non adagiarsi mai, bensì di cercare sempre una via non scontata o banale. La reazione dei presenti, con tanto di richiesta di bis finali, conferma la buona riuscita dell’esperimento e fuga i dubbi anche di chi sul palco non aveva idea di come sarebbe stata accolta questa nuova formula. Ora non resta che verificarne la tenuta in studio grazie al nuovo disco, su cui i quattro dovrebbero lavorare già nei prossimi mesi. Il coraggio di mettersi in gioco e mutare pelle questa volta sembra aver ripagato dei rischi corsi.